CECI NIGRO

L’impresa Ceci e Nigro si è costituita nel 1922, mediante l’associazione di due magnifici organizzatori: il sig. Arturo Ceci di Barletta ed i fratelli Giovanni e Pompeo Nigro.

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Il nonno ed il padre del sig. Arturo Ceci, Donato, che attualmente conta 75 anni è uno dei più vecchi costruttori della nostra terra. Infatti sia in Barletta che a Trinitapoli, Trani, S. Ferdinando di Puglia e Bari è ricordata l’opera di questo integro ed intelligente costruttore.

Il padre del Nigro, Pasquale, che conta 74 anni, era specializzato nel lavoro del taglio di boschi.

Da 50 anni questa Azienda vive una intensa vitalità, trasmessa ai figliuoli Giovanni e Pompeo, che non demeritando del grande iniziatore, hanno ancora di più sviluppato il commercio.

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Felice associazione, quindi, di temperamenti destinati a completarsi e ad integrarsi, mediante una distribuzione di compiti e di responsabilità: mentre il sig. Ceci è l’anima dell’organizzazione tecnica dell’Azienda, ai sigg. Nigro si deve l’apporto indispensabile e prezioso di una capacità amministrativa universalmente stimata e riconosciuta.

Ed entrambi hanno trovato nei loro parenti, cresciuti ad una scuola così severa, i migliori ed i più efficaci collaboratori.

L’impresa non poteva sorgere sotto i migliori auspici.

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Anche perchè, si può dire, non v’era ormai muro della sua Barletta, e dei maggiori centri della regione, che il sig. Ceci non conoscesse palmo a palmo, dopo l’attività da lui svolta per parecchi anni, sempre nel ramo edilizio prevalentemente nelle Puglie.

Già prima della guerra il nome del sig. Ceci era associato alla costruzione della Caserma « Regina Elena» di Bari e della Caserma di « S. Giovanni » di Trani, opere grandiose che fecero rifulgere l’abilità, la serietà e la scrupolosità dell’imprenditore, nell’impiego dei materiali e nell’esecuzione dei lavori.

Appartengono a quell’epoca anche numerose costruzioni di abitazioni civili in Barletta, quella nella stessa città pugliese, del grandioso stabilimento de l’Appula, che comprende diversi corpi di fabbricato e la cui edificazione ha richiesto, da parte del sig. Ceci, la risoluzione di importanti questioni di tecnica costruttiva.

Poi, verso il 1913, la parentesi militare, il dovere verso la Patria: lunga parentesi, che si protrasse sino all’armistizio: otto anni di milizia, dei quali il sig. Ceci si vanta con orgoglio legittimo.

E rieccolo, nel 1919, a guerra finita, fra mattoni e calcine, fra ponti e carrelli.

Le nuove attività richiedono i nuovi edifici, sorge lo stabilimento delle Distillerie Italiane in Barletta, si erigono nuovi corpi di fabbrica dello stabilimento de l’Appula per un ammontare complessivo di opere di circa tre milioni, la Banca Commerciale Italiana edifica in Barletta una nuova sede, si costruisce la scuola d’arti e mestieri, si costruisce la più grande fattoria agricola delle Puglie « San Michele », di proprietà dell’Ammiraglio Cafiero, sempre nella città nativa del sig. Ceci: ed egli è l’animatore e l’esecutore di tutto e si profonde, instancabilmente, ricevendo le più lusinghiere attestazioni per la sua mirabile attività e per le sue realizzazioni rispondenti sotto tutti gli aspetti, economia, solidità, ecc., ai requisiti dei capitolati d’appalto.

I lavori eseguiti, da allora, non si contano più e riguardano ogni settore dell’attività edilizia: dalle cabine di trasformazione per la Meridionale di Elettricità alla Stazione termica per l’Azienda barlettana di produzione di energia.

I compiti si sono fatti così vasti e complessi da consigliare una nuova attrezzatura dell’Azienda: il sig. Ceci si associa ai sigg. Nigro Giovanni e Pompeo ed ha così origine l’Impresa che vanta ormai dodici anni di multiforme e brillante attività.

Il ritmo di operosità impresso dai sigg. Ceci e Nigro all’Azienda si può desumere soltanto imperfettamente da una elencazione necessariamente sommaria dei lavori eseguiti del 1922 in poi.

S’incomincia con il palazzo Cuomo a Barletta, e con un edifizio scolastico a Canosa di Puglia, per un importo di oltre 4 milioni di lire.

Seguono, fra il 1925 e il 1928, trenta chilometri di fognatura nera a Canosa di Puglia, per un complesso di oltre 2 milioni e mezzo di lire.

Poi, fra il 1929 ed 1931, a Mola di Bari, vengono compiuti altri lavori di fognatura nera e bianca, di pavimentazione stradale e di impianti vari per privati, dell’importo di circa 4 milioni e mezzo.

Nella stessa epoca l’Impresa costruisce il Faro votivo dedicato ai Martiri fascisti della città di Minervino di Puglia. Vero gioiello di arte costruito tutto in pietra.

Ancora più recentemente altri appalti ed altre affermazioni: nel 1933 e nel 1934 l’Impresa ha assunto l’esecuzione dei lavori per la fognatura nera di Andria per 2 milioni di lire; per la fognatura a Candela, in Comune di Foggia, per uguale ammontare; per la costruzione della fognatura e pavimentazione, della Chiesa dei Frati Cappuccini a Barletta; per la fognatura e la pavimentazione stradale di Palo del Colle; per i lavori di Lungomare e strada di accesso allo Stadio della Vittoria in Bari, dove si è battuto il rècord della velocità e della precisione dei lavori assunti.

Ma, infine, titolo di speciale benemerenza per i sigg. Ceci e Nigro, è la ricostruzione dello storico Palazzo Ducale « La Marra».

Questo palazzo sito nella via Cialdini, già via delle Carrozze, risulta ricostruito su vecchie e più antiche fondamenta appartenenti all’altro palazzo gotico, i cui ruderi con diversi stemmi di famiglie nobiliari si conservano nelle pareti murali del giardino.

La ricostruzione venne eseguita con materiale di pietra calcarea per i muri di facciata ad est e ad ovest; di pietra tenera di Lecce per le facciate sud e nord.

Le volte del piano terra vennero costruite in pietra calcarea e di tufo con forme a vela, a crociera e botte. I solai del primo e secondo piano furono costruiti con legno lavorato e decorato a pittura sulle travi a tavolato; di cui alcune a cassettone.

La copertura venne eseguita con cavalli armati di legno e di tavolato per sottotetto anche in legno. Infine il tutto fu coperto con embrici di terra cotta. I vani ricavati per ogni piano non potevano superare il numero di 10, oltre ad una galleria per il solo primo piano.

Due sono state le cause che misero, negli anni 1920 e 1921, in condizioni pericolanti, l’intero fabbricato.

La prima fu la costruzione della fognatura bianca e nera per cui tutte le acque di rifiuto, attraversando il cortile d’ingresso, i locali a piano terra ed il giardino, invece di raggiungere il mare, si sperdevano proprio sotto il piano del cortile d’ingresso e poscia presso i muri di facciata e maestri, onde l’acqua appantanando in un sottosuolo argilloso, ebbe la possibilità di formarne di tutto una poltiglia.

Quanto durasse questa invasione di acqua, non è possibile precisare; certa cosa è, che degli operai che lavorarono circa 50 anni or sono, nella trasformazione dei palazzo, nessuno aveva mai conosciuto l’esistenza della fognatura, essendo credenza generale che sotto il fabbricato vi fosse il « capo-vento» che si perdeva nel mare. E questa è la seconda ragione.

I primi sintomi di cedimento si manifestarono nelle finestre prospicienti sul vico Della Marra, e nei balconi a nord, spezzando tutti gli architravi.

Il proprietario dell’epoca – nobile Montalto e poi suo figlio Colonnello di Artiglieria – fecero provvedere alla inzeppatura delle crepe prodottesi, e ad altre piccole opere, senza riuscire a rimuovere l’inconveniente nascosto.

I proprietari dello stabile, a seguito d’invito dei Ceci padre e figli, Arturo e Arcangelo, conobbero che l’ammontare delle riparazioni sarebbe stato di lire 165.600 come da una relazione scritta ne11912. Ma come potevano i Montalto affrontare una sì forte spesa?

Lo stato di guerra fece sì che il palazzo continuasse a peggiorare, e perciò fu giocoforza metterlo in vendita.

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I Ceci, consci della necessità di mantenere in piedi una rarità d’arte italiana e di storia patria, offrirono al proprietario il prezzo desiderato e si accinsero ai lavori di restauro.

Per tali lavori eseguiti non mancarono ottimi attestati di amatori d’arte, fra cui ricordo quello dell’ammiraglio Bonaldi, del dott. Vito Lattanzio, del Sindaco di Bari Bovio, dello storico barlettano Benedetto Paolillo, del Comm. Francesco Miccoli.

Fra tutti riporto quello del Sindaco di quel tempo in Barletta, Avv. Pietro Reichlin, e la lapide fatta incidere nell’atrio d’ingresso della Associazione «Amici dell’ Arte e della Storia Barlettana ».

La lettera è del seguente tenore:

Barletta, 24 maggio 1924

Caro Ceci,

Sono rimasto veramente ammirato ed impressionato della magnificenza e della munificenza dei lavori da Voi eseguiti al glorioso Palazzo La Marra.

Ho visto in Voi un uomo innamorato della sua opera: opera che Voi avete incarnato come una creatura che amate col più tenero amore.

Io Vi ringrazio a nome della città: e nel ringraziarVi non posso che fare l’augurio che la Vostra opera e la Vostra passione possano essere imitate da molti cittadini.

Con i più cordiali saluti credetemi vostro

Reichlin.

Sullo storico palazzo fu apposta la seguente lapide che ricorda la riuscita e gloriosa restaurazione. Di essa riproduciamo l’epigrafe:

Questo palazzo costruito verso il 1540 – e sontuosamente abitata attraverso storiche vicende dai Della Marra dai Fraggianni dai De Petrisgià guasto dal tempo e dall’incuria – avrebbe visto la sua totale rovina – se ai dì nostri un animoso mecenate – Donato Ceci – non l’avesse restaurato dai tetti alle fondamenta richiamandovi ad abitarlo un alito di arte e di poesia.

L’Associazione Amici dell’ Arte e della Storia Barlettana – plaudendo al benemerito concittadino – in memoria del fatto e per ammonimento – pose – nell’Anno del Signore 1923.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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