SUGLIA PASSERI FAMIGLIA

La famiglia Suglia-Passeri con l’abbinamento dei due cognomi non ha origini antiche, mentre le hanno i due casati Suglia e Passeri specialmente il primo molto esteso sia nella nostra regione che in Italia. La famiglia Suglia-Passeri sorge verso il 1360 col capostipite Giovanni di nascita Suglia, che per avere ereditato un vastissimo patrimonio dal sig. Michele Passeri fu Vito Leonardo, per volontà del testatore abbinò i due cognomi ottenendone relativo decreto reale.

Nacque il Giovanni il 9 ottobre 1853 da Suglia Vito Domenico e Del Giudice Raffaella. Gente patriarcale dedita alla famiglia ed alla amministrazione della loro proprietà, aliena da qualsiasi movimento politico. Educato al pari dei suoi coetanei nel Seminario di Conversano sotto la abile guida del Morea, ne uscì a 15 anni per portarsi a Napoli ove completò gli studi che lo resero capace e competente ad amministrare il di lui vasto patrimonio.

Verso il 1874 ritornò in patria ove impalmò la signorina Emanuelina Poli del cav. Giuseppe appartenente ad illustre casato di Rutigliano. Dal matrimonio nacquero cinque figli, Raffaella, Domenico, Giuseppe, Michele ed Elisa.

Entrò nella competizione dei partiti politici ed amministrativi nel 1889 quando per un movimento collettivo della classe operaia s’intese rinnovare la pubblica amministrazione del paese che da un ventennio deteneva il potere.

Di fede monarchico costituzionale il Giovanni Suglia ricoprì con la fiducia e plauso generale per molti anni le cariche di Consigliere ed Assessore Comunale, di Presidente della Commissione Mandamentale dei redditi di R. M. In tutte portò il suo contributo di oculato e competente amministratore, sereno e giusto verso tutti, sagace tutelatore degli interessi pubblici e privati. Nelle lotte politiche lo troviamo sempre sostenitore dei partiti dell’ordine, vigile e costante assertore delle libertà statutarie.

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Alieno da qualsiasi esibizionismo amava dedicarsi all’agricoltura, nella quale era sapientissimo, procedendo a bonifiche e trasformazioni agrarie per migliorarne le colture e dare lavoro ai contadini.

Ma dove la sua personalità ebbe spiccata importanza sì da renderlo un benefattore del popolo fu quale Presidente della locale Congregazione di Carità, carica che detenne per molti anni con plauso popolare e delle Autorità tutorie.

Il vastissimo patrimonio terriero di quell’Ente era costituito da immensi macchieti, con una rendita irrisoria. Il Suglia Passeri, precorrendo i tempi, ebbe la chiara visione che una trasformazione razionale affidata ai contadini privi di mezzi, ma pieni di energie e di buona volontà, avrebbe dato il benessere a quella classe tanto avvilita e misera ed avrebbe potuto dare un forte miglioramento allo stremato bilancio dell’Ente per il raggiungimento di benefici fini sociali. Fermo in questo divisamento, che ai passatisti sembrò una follia, dimostrò all’Autorità Tutoria la bontà ed importanza del suo piano. E dopo aver superato infinite difficoÌtà ne ottenne la dovuta autorizzazione.

Il latifondo macchieto dell’Ente viene diviso in moltissimi piccoli lotti che concede in locazione trentennale ai contadini, affinché ne trasformino la cultura pagando per i primi dieci anni un minimo canone che si raddoppia e si triplica negli altri due decenni. Il miracolo è compiuto, quelle lande deserte oggi sono ubertosi giardini, meravigliosi oliveti, mandorleti e vigneti. Le rendite dell’Ente hanno raggiunto il milione, la classe dei contadini ne ha ricevuto un benessere inaspettato, benedicendo il loro benefattore, che ebbe ad emanciparli dal duro lavoro giornaliero. Primo in Puglia, in tempi di crisi economica per mancato raccolto o per triste invernate, istituì la cucine pubbliche economiche per venire in aiuto al ceto agricolo ed artigiano privo di lavoro e di mezzi.

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E non basta. Sempre sotto la sua presidenza l’Ente ebbe a beneficiare di un importante e vistoso legato lasciato dal concittadino Losito Giuseppe fu G. Battista. Questa disposizione testamentaria venne contestata da un germano del testatore mercé la esibizione di un altro testamento più recente a di lui favore. Il Suglia Passeri ne impugna la validità per falsità.

La contestazione penale si dibattette avanti a tutti i gradi di giurisdizione. La vittoria finale fu per l’Ente essendo stata riconosciuta la falsità della seconda disposizione con la condanna alla reclusione dell’autore.

Il Suglia Passeri volle tramandare ai posteri i nomi dei benefattori della Pia Istituzione, primo fra di essi il Losito, ampliando il piccolo ospedale già esistente e fornendolo di tutto l’occorrente che la scienza medica e chirurgica richiedeva. Nella inaugurazione di esso venne murata una lapide dettata da Giovanni Bovio, che siamo lieti di riprodurre, per i sublimi pensieri racchiusi nella mirabile sintesi.

MDCCCXCIX I RUTIGLIANESI INAUGURANDO QUESTO OSPEDALE PERPETUANO NELLA MEMORIA GIAMBATTISTA DEL VECCHIO CHE NEL MDCCIII VOLLE IL SUO DE’ POVERI ESEMPIO AD ALTRI BENEFATTORI FRA QUALI ULTIMO DI TEMPO PRIMO DI ANIMO GIUSEPPE LOSITO CUI E’ POSTUMO PREMIO CONTINUARGLI IL PROPOSITO PIETOSO AMMINISTRATORI CHE NON CONVERTONO IN TRIPUDIO O ELEMOSINA LA CARITA’ PUBBLICA

Il Governo del Re volle dare al Suglia Passeri un attestato di benemerenza per tutta la Sua opera data a beneficio del Comune e della Congregazione di Carità, nominandolo Cavaliere della Corona d’Italia.

Una vita così laboriosa ed estenuante non poteva durare a lungo. Il cav. Suglia Passeri risentì il disagio, per cui i sanitari gli imposero l’allontanamento dalla vita pubblica col riposo il più assoluto. Ma a poco valse il consiglio perché la sua salute era già minata.

Ai malanni fisici si aggiunsero quelli morali, non pochi e non lievi.

La perdita della sua diletta consorte signora Emmanuelina Poli, fra l’unanime compianto dell’intera cittadinanza per le innumerevoli opere di pietà e di beneficenza pubblica compiute, lo determinò a ritirarsi nella solitudine la più assoluta nella sua villa San Michele, ove visse sino al febbraio 1935, quando acciaccato dagli anni e dai mali passò a migliore vita ha l’immenso dolore dei famigliari e fra il pianto e le benedizioni del popolo suo che aveva tanto amato e beneficato.

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Come innanzi si è accennato, dal matrimonio Suglia Passeri. Poli nacquero cinque figli; due donne Raffaelina ed Elisa e tre maschi Domenico, Giuseppe e Michele.

Le prime, educate in primari istituti d’Italia, rimaste nubili, seguono le tradizioni della loro mamma. Ove vi è dolore da lenire esse accorrono, ove vi è un aiuto da dare, sono le prime. Le istituzioni religiose e sociali sono il loro campo di azione.

I maschi ricevettero educazione ed istruzione in un collegio dei PP. Scolopi in provincia di Roma. Dimessi dall’istituto con le licenze liceali, il Giuseppe ed il Michele si portarono a Napoli in quella Università. Giuseppe laureatosi poscia a Pisa in chimica pura venne durante il conflitto mondiale addetto nella qualità di tenente di Artiglieria alla fabbricazione dei proiettili in Bologna. Cessato il conflitto venne adibito al rastrellamento dei proiettili sui campi di battaglia. Cessato il lavoro ritorna in patria ove si dedica completamente all’agricoltura, seguendo le orme paterne. Michele invece laureatosi nell’Ateneo Partenopeo in Medicina e Chirurgia, passò a Genova nella Clinica Psichiatra del Morselli, specializzandosi nelle malattie mentali. Quivi lo raggiunse la guerra. Partì per il fronte quale Capitano Medico e venne travolto nelle tragiche giornate di Caporetto, sottraendosi alla prigionia con inauditi disagi per non subire quell’onta. A conflitto cessato impalmò una distinta signorina di Marchirolo (prov. di Corno) Bianca Bozzolo fu Gian Natale, fissando la residenza a Milano, ove aprì una clinica privata per le malattie mentali.

Dichiarata la guerra in Etiopia fu uno dei primi ad accorrere col grado di Maggiore Medico. Ritornò in patria a definitiva sconfitta dell’ Esercito del Negus. Dal suo matrimonio con la Bozzolo sono nati tre bambini, Elina, Eugenia e Giovanni Natale, unici discendenti della famiglia Suglia Passeri.

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Il figlio maggiore invece del cav. Giovanni Suglia Passeri, a nome Domenico, nato a Rutigliano il 22 febbraio 1877, ebbe a studiare Giurisprudenza nella Università di Roma, campo in ogni tempo di tutte le competizioni politiche.

I di lui compagni lo ricordano primo in tutti i moti goliardici per la difesa delle costituzioni contro chiunque intendeva minarle. Insofferente di qualsiasi abuso o prepotenza non vi fu movimento politico cui egli non prese parte, distinguendosi per temerarietà e coraggio.

Monarchico costituzionale non ammetteva altri partiti per la grandezza della patria. E per questa sua fede incrollabile lo vedremo più tardi scendere in lizza sulle piazze dei nostri paesi contro i partiti estremi.

Laureatosi in Legge si trattenne ancora nella Capitale per altri due anni per la pratica di penalista che fece presso lo studio dell’ Avv. Francesco Di Benedetto.

Ritornato in patria subito entrò. nella vita professionale ed in quella politica. Dati i tempi il campo era vasto per le sue affermazioni.

Di parola facile e veemente, fu però sempre corretto e signorile nelle molteplici competizioni. L’eco delle lotte politiche ed amministrative da lui sostenute risuona ancora in tutti i paesi ove egli accorreva per sostenere la sua fede e per confutare gli avversari. Forte sostenitore della autorità dello Stato, in governo Monarchico Costituzionale, affrontò a viso aperto gli oppositori superando pericoli inauditi.

Vincitore non si esaltava, vinto non si piegava, aspettando la riscossa.

Ha ricoperto infinità di cariche pubbliche. Sub-economo dei Benefici Vacanti della Diocesi di Bari; Vice Pretore del Mandamento di Rutigliano; Consigliere; Assessore; Presidente della Congregazione di Carità; Sindaco di Rutigliano; in tutte portò la sua competenza e la sua attività, ricevendo encomi e lodi dalle Autorità.

Il Governo del Re ebbe a proporlo ed a insignirlo della onorificenza di Cavaliere.

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La guerra mondiale lo trovò con la carica di Assessore Comunale, delegato alla firma. Dichiarato idoneo ai servizi sedentari, avanzò subito domanda di essere inviato in un Tribunale Militare in zona di Guerra. Ma non potette raggiungere l’intento perché nominato, ad unanimità di voti del Consiglio, Sindaco del suo Comune; dato il grave momento che la Patria attraversava, il Prefetto del tempo lo dichiarò insostituibile.

E fu Sindaco per tutto il periodo bellico. In tale carica rifulse la sua opera di amministratore e di cittadino. Tenne ferma la resistenza interna con tutti i mezzi, provvide a tutte le esigenze dei suoi amministrati con sacrifizi personali; volle ed impose l’adempimento del proprio dovere a tutti; le vedove, gli orfani di guerra, i soldati in convalescenza vennero protetti e tutelati nei loro sacrosanti diritti. Provvedeva a far spedire ai prigionieri tutto quello che era possibile.

Colpì inesorabilmente i sabotatori della guerra, i quali più tardi si vendicarono per una politica balorda di un governo inqualificabile.

Infatti nelle lotte politiche ed amministrative conseguenti alla pace, nelle quali ebbero il sopravvento i partiti estremisti, egli cadde.

Popolare nella sua patria ma specialmente nella vicina Noicattaro, ove gode generali simpatie, nelle lotte a Consigliere provinciale ottenne in quel paese votazione quasi plebiscitaria mentre nel proprio paese venne combattuto, per le varie ibride coalizzazioni.

Sebbene privo di potere, il Fascismo lo trovò fra i primi. Fascista della prima ora, fedele seguace e compagno di S. E. Caradonna, scese nelle nostre piazze, e le strade di Bari devono ricordarlo a capo delle prime squadre per la santa riscossa.

Fondò il primo fascio di combattimento nella sua Rutigliano, forte di ben 300 aderenti.

Oggi egli è tutto dedito alla professione che esercita col massimo disinteresse ed all’amministrazione del suo vasto patrimonio.

Imparentatosi con una distinta famiglia delle Puglie, la Macario, sposò la signorina Anna del fu Antonio Macario, di residenza a Noicattaro.

Valoroso professionista ha riportato brillanti vittorie specialmente in Assise. Signore nell’adempimento della sua missione, gode la stima e la benevolenza di tutta la classe.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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