STARITA SAVERIO

Ecco un avvocato che seppe accoppiare alla più squisita signorilità la buona dottrina ed il patriottismo più fervido.

Nacque a Bari il 17 maggio 1845 da genitori appartenenti alla migliore borghesia barese e, laureatosi giovanissimo presso l’Università di Pisa, iniziò l’attività professionale presso il Tribunale di Bari, raggiungendo ben presto una bella notorietà.

Lo aiutavano a conquistare estimazioni e consensi il suo garbo, il suo intuito giuridico, la sua nativa dirittura morale, la sua operosità.

Sposò la signorina Maria Zella Milillo, di nobile famiglia pugliese, e si dedicò con tenerezza e con dedizione alle cure ed alla educazione dei figliuoli che crescevano numerosi, allevati alla pratica del bene, al senso del dovere ed all’amore alla famiglia.

Due dei suoi figliuoli, Giambattista e Pietro, si dedicarono alla vita delle armi e si rivelarono due ardimentosi e colti ufficiali, il primo nell’arma di Cavalleria ed il secondo nella R. Marina.

Gli altri, Giovanni, Michele e Nicola, studiarono giurisprudenza per seguire le tradizioni paterne.

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Ai figli ufficiali è stato serbato l’onore di rappresentare degnamente l’eroismo guerriero della città di Bari; il primo, cavaliere illustre ed istruttore valente della Scuola di Torà di Quinto, fu protagonista del celebre episodio di Pozzuolo del Friuli legato alle vicende della ritirata sul Piave; il secondo, navigatore scaltro ed audace, ha legato il suo nome a numerose e pericolose operazioni del Basso e dell’Alto Adriatico culminate, con il primo accostamento di un naviglio guerriero italiano, portante il Re Vittorioso a Trieste liberata.

Educati alla scuola familiare, in quella mirabile casa un po’ affacciata sul mare ed un poco sospesa fra i due pinnacoli dell’antico Sedile Municipale di Piazza Mercantile, non potevano sortire virgulti diversi, che sono come i vessilliferi del vigoroso contributo offerto alla causa della vittoria dalla Puglia combattente.

Non potremmo tracciare un profilo più aderente all’essenza spirituale dell’uomo che vogliamo qui ricordare, di quello che è stato scritto da Giuseppe Lembo nella sua commossa rievocazione delle scomparse figure del Foro di Bari.

Ecco come parlò di lui il Lembo:

« Nobile d’aspetto, come d’animo, egli fu un tessitore meraviglioso. Si tessè prima una vita esemplare, e poi una famiglia degna di lui.

In verità Plutarco gli darebbe una pagina.

Egli, che aveva già provato il dolore di perdere il primogenito suo, Giovanni nel pieno della giovinezza, quando la Guerra Europea gl’impegnò altri due dei suoi figliuoli, non mosse ciglio.

Furono due eroi: Giambattista, gemma della Cavalleria, Pietro, vanto della R. Marina.

Giambattista ferito, con un piede rotto?

Saverio Starita, non muove lamento!

Saverio Starita, non muove ciglio!

Pietro sui mari insidiati?

Saverio Starita pare statua, che non pensi, che non palpiti.

Chi lo avesse visto per strada, e lo avesse studiato, gli avrebbe, però, spiate le notti, tutte le notti, insonni.

Ma che avvenne in lui dopo la Vittoria? Che avvenne quando l’Italia entrò a Trieste nella persona dell’eroico Pietro Starita, primo a sbarcare sul molo della devota di Roma?

…Ah sì, che le grandi gioie possono uccidere!

La morte della degna e santa sua consorte gli diè come il colpo di grazia.

Il Fascio di Bari lo tesserò ad honorem ».

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Fu Consigliere ed Assessore Comunale, Consigliere e Deputato Provinciale, Vice Presidente del Consiglio Provinciale, Vice Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e Presidente del Circolo del Littorio.

Avvocato civilista poderoso, stimatissimo, sostenne magnifiche lotte giudiziarie in civile. Fu fortissimo nelle questioni demaniali, materia che approfondì con acume e con successo.

Parlatore distinto, sobrio, efficace. Scriveva da pari suo, da giurista. Galantuomo rarissimo».

La morte colse Saverio Starita il 30 luglio del 1928 e le onoranze rese alla salma lagrimata rappresentarono una testimonianza del credito che l’aveva accompagnato in vita.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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