PICELLA NOBILE FAMIGLIA

La famiglia Picella è una di quelle famiglie in cui la nobiltà del lignaggio si accoppia alla nobiltà dei sentimenti.

Oriunda di Sarno nel Napoletano, si trasferì qui per via del Barone Giambattista che nel 1812 si imparentò con la Signorina Giovanna Sgobba di illustre e benemerita famiglia di Castellana. A Sarno gli studiosi del posto ricordano i fasti della famiglia baronale dei Picella, ormai scomparsa dal paese; e se si interrogano i vegliardi essi vi diranno che i Picella furono signori del paese e costruirono il palazzo che ancora oggi eccelle fra gli altri moltissimi per bellezza architettonica e per grandiosità di impianto. E’ il palazzo avito passato in altre mani ma come tutte le opere costrutte saldamente di pietra e malta sta lì ancora oggi a testimoniare quanto fosse largo il credito della famiglia di cui ci occupiamo, quanto fosse sviluppato in essa l’abitudine a sentire i richiami della signorilità e dell’arte.

Fra le memorie famigliari è ricordato con orgoglio un processo famoso svoltosi nel 1500 alla Corte Feudale di Napoli, causa per cui Raimondo Picella fu nominato Barone dal Vicerè di Spagna ed ebbe la concessione di formare un maiorasco poggiato sul latifondo « Bosco di Santa Cristina» in agro di Avellino e sopra la masseria chiamata « Sant’ Andrea » in agro di Sarno.

Tale fedecommesso fu dato in perpetuo ai figli maschi di ciascun primogenito della via maschile e fu sciolto naturalmente nel 1809 quando una speciale legge abolì l’istituto del Maiorascato.

Un altro ricordo famigliare si riferisce alla celebre causa tra la famiglia Picella e il Monte della Misericordia di Napoli per la rivendica dei diritti famigliari sullo stesso Monte, rivenienti ai Picella dai loro antenati che lo avevano fondato. Questa causa fu perduta dai Picella, ma, dalla lettura dei documenti che sono conservati nell’ Archivio di Stato di Napoli, si induce chiaramente la ingiustizia di cui rimasero vittime le parti in causa che sostenevano la rivendicazione, Il barone Francesco Paolo Picella, essendo stato liberato il vincolo maiorascale, vendette il bosco di Santa Cristina nel 1820 e la masseria di Sant’Andrea nel 1834. Egli aveva sposato donna Carmela Buonanno, figlia del barone omonimo, e da questo matrimonio aveva avuto diverse figlie femmine ed un maschio a nome Pietro.

Da questo figliolo che, in seconde nozze, aveva sposato donna Margherita Acampora nacque un altro Francesco Paolo che, sposatosi con donna Carolina Mautenga, ebbe il barone Giambattista Picella che nel 1912 si stabilì, come abbiamo detto, a Castellana.

Iniziatosi così la fase pugliese della famiglia, essa non tardò ad avere i suoi sviluppi. Dal matrimonio di Giambattista Picella con la Signorina Sgobba nacquero Francesco e Carolina rimasta nubile.. Francesco s’imparentò con l’illustre e nobilissima famiglia Pappalettere di Barletta sposando la Signorina Aurora, ultima erede di una tradizione secolare di bontà, di morigeratezza di costumi, di esercizio di tutte le virtù.

Priva, giovanissima, dei genitori, essa era stata allevata ed educata nei migliori istituti della Provincia sotto la paterna assistenza del famoso grande Priore della Basilica di San Nicola in Bari che l’amò come fosse sua figlia. Sono note le vicende della famiglia Pappalettere che nell’Enciclopedia Storico Nobiliare Italiana di Vittorio Spreti viene così esaltata: « Arma: D’oro alla rondine di nero volante in sbarra tenente col becco un breve svolazzante d’argento in palo con motto « Pappalettere » scritto in lettere maiuscole di nero.

Antica famiglia nella nobiltà di Barletta e feudataria sin dai primi tempi della monarchia. Ricevuta nel S. M. Ordine di Malta nel 1650 in persona del Cav. Francesco, e nel 1744 del Cav. Ruggiero; e passata in Convento nel 1775 in persona del cav. Saverio, ascritta nel 1801 all’Elenco dei Priorato di Barletta e riconosciuta nel 1839 nell’antica sua nobiltà nelle prove di ammissione nelle RR. Guardie del Corpo dei Fratelli Pasquale e Carlo Filo.

La famiglia è iscritta nell’ E. Uff. Ital. del 1922 col titolo di nobile di Barletta, ed è rappresentata da Ettore e Nicola Pappalettere, gemelli (n. 16 maggio 1870), figli di Francesco Saverio (nato 14 marzo 1813; morto 23 giugno 1879) ».

La parte avuta dalla signora Aurora nella fase formativa del nucleo famigliare dei Picella, la pone nel novero delle donne in cui la missione della maternità si accoppia alle dure responsabilità del comando famigliare. Ella dal suo matrimonio aveva avuto cinque figli, Giambattista, Francesco Saverio, Vincenzo, Giovanna e Marianna Francesca e quando il marito si spense nel marzo del 1892 colpito da bronco polmonite all’età di 42 anni, ella assunse immediatamente il governo della famiglia. Il più grande dei figlioli, Giambattista, aveva soltanto 6 anni e tutti gli altri erano più piccoli di lui.

Il marito che era laureato in agraria e aveva iniziata con coraggio la trasformazione terriera dei beni famigliari, ebbe in lei una sua degna e dinamica continuatrice. Senza aiuti o consigli di alcuno ella continuò alacremente l’azione benefica, non trascurando i suoi figli che furono educati nei migliori collegi della Provincia secondo le tradizioni famigliari. Così Giambattista potè frequentare i corsi della Scuola Agraria Superiore di Portici, Francesco Saverio potette a Roma dedicarsi autorevolmente al sacerdozio e Vincenzo potette conseguire la laurea in Ingegneria.

Giambattista, ritornato con la consacrazione accademica e con sicura competenza da quel magnifico semenzaio di scienziati agricoltori da cui partì il primo palpito della rinnovazione e dell’incremento del nostro patrimonio terriero, cominciò subito a dare il suo valido ausilio a colei che aveva sostituito il padre nella gestione del patrimonio avito.

I suoi sforzi ebbero successi non pochi, trionfando di tutte le difficoltà. Il patrimonio terriero della famiglia ebbe nuovi vigneti e nuovi oliveti, conobbe l’amore e le preoccupazioni di un uomo abile ed innamorato della terra. Sposatosi Giambattista con la nobildonna Giuseppina Regna di illustre famiglia bitontina, non per questo abbandonò la casa materna; anche ammogliato egli continuò a vivere nella compagine famigliare sotto l’usbergo della donna che aveva agevolato la sua educazione, che aveva incrementato il benessere famigliare e aveva dato e continuava a dare tutto il suo fervore per tenere saldo un vincolo ancora oggi durevole e propiziatore di fortunà. Giambattista Picella, scomparso inopinatamente il 31 dicembre 1936 era un animatore. Prescelto ad organizzare la Cantina Sociale del suo paese, egli convertì alla buona causa i più increduli, ridusse gli agricoltori più restii alla comprensione dei tempi nuovi, inoculò negli animi pavidi e retrogadi la necessità dell’associazione delle forze per tener fronte all’aggressività della speculazione, alle esigenze nuove dei consumatori desiderosi di affezionarsi ad un tipo unico e permanente di vino.

La Cantina Sociale di Castellana sorse il 19 marzo del 1936 con mezzi di fortuna e ben presto ebbe i suoi vasti e capaci capannoni, le sue cantine, la sua attrezzatura industriale. Giambattista Picella non ebbe la fortuna di veder coronata da una consacrazione ufficiale la sua ardentissima fatica.

Educato alla scuola materna anch’egli dedicò tutto il suo amore alla famiglia e ebbe quattro freschissime gemme, un figliolo, Francesco, che si è laureato anch’egli in agraria e tre ragazze degne della nonna Pappalettere per virtù spirituali e domestiche.

Gli agricoltori di Castellana, riconoscenti a Giambattista Picella per il suo apostolato a favore della vinicultura locale, vollero che a succedere al defunto e compianto Dottore nella Direzione della Cantina Sociale fosse chiamato l’Ing. Vincenzo Picella, che oggi degnamente prosegue l’opera iniziata dal fratello. Egli, pur colpito nell’aprile del 1937 da un altro grave lutto, la perdita cioè della sua adoratissima mamma, che aveva rappresentato per tanti anni il fulcro animatore di tutte le attività della famiglia, portò a compimento il programma segnato dal fratello. Oggi la Cantina Sociale di Castellana è un organismo possente al servizio dell’economia locale come ebbe a riconoscere recentemente l’On. Fabrici, il Capo Nazionale del Cooperativismo fascista.

L’Ing. Vincenzo Picella può ben meritare il plauso e la riconoscenza della maggioranza dei viticultori di Castellana che vedono in lui il creatore delle loro nuove certissime fortune.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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