NITTI VALENTINI FAMIGLIA

Altra nota famiglia della nostra Terra, che alla nobiltà del sentire accoppia le più eccelse tradizioni di attività patriottiche è certamente quella dei Nitti Valentini.

I Nitti ovvero De Nitti o De Nitto – come è scritto in alcuni documenti – vennero a Bari dall’Umbria verso il 1400 e si affermarono sia per signorilità che per amore agli studi nei secoli successivi, tant’è che l’11 novembre 1785, con decreto della Real Camera di Santa Chiara di Napoli, furono ascritti alla nobiltà di Bari, avendo per arma due leoni rampanti su di una alabarda.

Questo stemma si può vedere scolpito io pietra nel vetusto e monumentale palazzo già della famiglia Nitti sito alla Piazzetta S. Nicola n. l.

Come risulta dal libro di Giuseppe De Ninno: « Dei gran maestri e dignitari delle vendite dei Carbonari della provincia di Bari nel 1820-21 » e nell’altro libro dello stesso De Ninno: « Martiri e perseguitati politici di Terra di Bari del 1789 » un esponente della famiglia Nitti e propriamente Mattia, risulta, nel 1799 compromesso dapprima in Bari sua Patria e poscia in Napoli nelle rivolte politiche di quella epoca. Più tardi, imperversando la reazione borbonica sanfedistica, Mattia Nitti sale alla luce del martirio perchè, imprigionato e torturato dagli sgherri del tiranno è esempio di forza d’animo e di fierezza patriottica.

Il processo a suo carico ha un procedimento sommario ed egli venne condannato a morte insieme agli altri martiri passati alla storia come Domenico Grillo ed Ignazio Ciaia.

La suprema giunta di Stato gli commuta la pena capitale in quella dell’esilio perpetuo ed egli si allontana dal regno delle due Sicilie e va peregrinando per altre città italiane per molti anni fino a quando cioè il famoso trattato di Firenze lo riporta a Bari ove egli continua la sua azione patriottica tendente a liberare il Regno dei Morti dalla tirannia borbonica.

E questa pericolosa ma fervida opera egli svolge nel silenzio e nel segreto della cospirazione fecondata dalla Carboneria.

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Giuseppe Maselli Campagna in una sua monografia sulle Vendite di Terra di Bari pubblicata nel fascicolo anno I. dell’«Archivio Pugliese del Risorgimento» da lui stesso diretto, chiarì che Mattia Nitti, insieme ad altri baresi, fece parte della rispettabile vendita « La perfetta fedeltà » della quale per breve tempo fu anche gran maestro.

Quando nel 1860 Giuseppe Garibaldi conquistò all’unità d’Italia il Regno delle due Sicilie, le ansie di don Mattia Nitti furono placate ed egli potette consolarsi delle persecuzioni e delle torture patite per circa settant’anni, vivendo l’ora miracolosa della completa redenzione nazionale. Il figlio suo Nicola, che col padre aveva cospirato e che molte benemerenze patriottiche aveva conquistate con la sua vigile ed appassionata azione dedicata all’ideale nazionale, fu nominato il 24 agosto 1866 colonnello capo della Legione della Guardia Nazionale di Bari, incarico che tenne per parecchi anni, fino a quando cioè la guardia nazionale non fu sciolta. I vecchi baresi ricordano ancora questa bella figura di gentiluomo che all’amministrazione dei suoi beni volle congiunta una attività spesa pel bene pubblico.

Il padre, aveva nel 1829 coperto la carica di consigliere provinciale di Bari svolgendo una azione proficua ed utile per la rinascita della provincia; ed egli la continuò in altri consessi giovandosi della sua personale autorità e del grande credito che i suoi concittadini gli offrivano.

Avendo appunto Nicola Nitti sposato una Valentini di Palo del Colle i figli di lui, dopo il 1860, cominciarono ad aggiungere al cognome Nitti quello dei Valentini, che avevano considerevolmente accresciuto il patrimonio familiare.

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Troviamo infatti che i Nitti Valentini ebbero proprietà non soltanto nel capoluogo della provincia ma anche a Palo del Colle ed a Bitonto; ed ebbero un patronato sulla chiesa di San Giuseppe di Palo del Colle, nella quale fu tumulata la nobil donna Domenica Valentini.

Da Nicola Nitti seniore nacque don Mattia Nitti che, sposatosi con una Veltri di Lucania, ha avuto larga figliolanza, e si è dedicato con strenuo amore alla trasformazione delle terre della sua famiglia e di quelle ereditate dalla nobile moglie. I Veltri sono patrizi di Lucania e giunsero da Cosenza fissando dimora a Forenza verso il 1600.

Antonio Tripepi, in « Curiosità storiche di Basilicata », esaminando lo stato dei più ricchi proprietari di Basilicata nel 1809, cita la famiglia Veltri tra le più cospicue di quella regione; e Candida Gonzaga nelle sue « Memorie delle famiglie nobili delle provincie meridionali d’Italia » riferisce che il barone Falco Veltri accompagnò Re Guglielmo il Buono nella guerra di Terra Santa.

La famiglia Veltri ha avuto un Procuratore generale sotto il Governo borbonico; un generale – Agostino Veltri – che sposò Luigia Munoz dei duchi di Calatrava, figlia del vicerè di Napoli; ed un ammiraglio – Francesco Veltri – figlio appunto del generale. Questi comandava la provincia di Teramo, quando Vittorio Emanuele II, instaurò il governo nazionale nelle nostre provincie.

Di sentimenti liberali seguì Re Vittorio, di cui diventò aiutante di campo dal 1874 al 1877, conservando il grado di generale anche nell’esercito nazionale. Fu commendatore dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro nel 1863 ed aiutante di campo onorario di S.M. Umberto I., fino a quando la morte non lo colse nel 1880.

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I Nitti sono anche imparentati con le famiglie Cavalieri, Lioy, Masetti, Lupis, Gimma, Giotta, Mininni Jannuzzi, Fenicia, baroni Lombardi Colle, conti Corsi, Leuzzi, Marchio, Capece, Tucci, Rossi Romano Fittipaldi, Marchesi Martucci, De Gennaro, De Jacobis, per cui i Nitti si gloriano in particolare modo di essere pronipoti del beato Giustino de Jacobis nato in San Michele di Lucania nel 1800 e morto dopo 22 anni di apostolato in Abissinia nella valle di Ali Gheghè il 31 Luglio 1860, fu il primo vicario apostolico dell’Abissinia.

Dei figli di don Mattia junior ha acquistato credito e notorietà comm. Franco, dottore in giurisprudenza e sindaco di Palo del Colle dal 7 Settembre 1922 al 3 Marzo 1927. Fu anche consigliere provinciale pel mandamento di Palo del Colle dal l0 ottobre 1920 fino alla soppressione dei Consigli provinciali del Regno e come tale fu relatore al bilancio dell’anno 1922, componente del Direttorio della Federazione dei Comuni e presidente della cessata Federazione provinciale degli Enti di beneficenza.

Fu fondatore e collaboratore di parecchi giornali politici e nel 1913 con Hrand Nazariantz, Pierre Quillaros, Renè Lys, Gian Pietro Lncini, Giovanni Borelli, Innocenzo Cappa fu nel movimento armenofilo scrivendo a favore della sventurata nazione armena. In collaborazione con Nazariantz scrisse un libro di critica letteraria sul poeta armeno Beldros Thuria.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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