MARCHIO MICHELE

Nel campo del lavoro e della vita pubblica amministrativa, ecco un uomo per il quale la stima dei corregionali è un dovere.

A Michele Marchio sono in buona parte legati i destini agricoli della sua Andria, come a colui che sull’esempio del padre, ha saputo dare all’agricoltura in genere ed all’avita azienda patrimoniale in ispecie, uno sviluppo di cui gli esempi non sono davvero frequenti.

Il padre suo, Lorenzo, morì nel 1889 ed era un agricoltore di largo respiro e di iniziative audaci. La sua larga figliolanza (5 maschi e 7 donne), fu da lui indirizzata, oltre che agli studi, all’amore per la terra e lui vivente, può calcolarsi che il patrimonio di famiglia ammontasse a circa mille ettari di terreni coltivati a vigneto, olivo, mandorle, cereali, con largo allevamento di bestiame equino, bovino e ovino. Il considerevole allevamento dell’azienda Marchio dette esemplari assai pregiati sia da lavoro, sia da tiro e da corsa, ottenuti con l’incrocio con ottimi stalloni inglesi e, per i prodotti da corsa, venne appositamente acquistato a Pisa il p; s; “Pellegrino”. Altro incremento pregevole fu quello dato agli ovini selezionati (tipo pugliese) di cui l’azienda ebbe in quel tempo fino a 20 capi; nonchè circa 200 vacche di razza lattifera e oltre 30 giumente trattrici di tipo scelto.

Morto nel 1889 Lorenzo Marchio, il figliuolo Michele, laureato nel 1891 in Iscienze Agrarie presso la R. Università di Pisa, prese le redini della vasta azienda famigliare. Ricco di doti notevoli d’ingegno e di volontà, forte di una larga coltura, e soprattutto animato da intenso desiderio di ampliare, in omaggio alla memoria paterna, l’azienda agricola avita, egli s’immerse con entusiasmo e fede vivissima all’esplicamento di tale programma.

Sposò nel 1894 la N. D. Vincenza Porro Regano, di eletta famiglia andriese, pronipote dell’ Arcivescovo di Catania don Felice Regano e sorella al Consigliere di Cassazione Vincenzo Porro-Regano, attualmente in carica presso la Cassazione in Roma, 2. Sezione Civile.

Le cure diuturne dell’amministrazione della azienda di famiglia non gl’impedirono di prendere parte attiva alla vita pubblica del suo paese. Alieno da banali ambizioni, ma persuaso che ogni cittadino non deve estraniarsi dalle cure amministrative della propria città nativa, egli accettò la carica di Sindaco di Andria, che tenne con inflessibile spirito di equità durante l’anno 1902-1903. Venne ancora rieletto a tale carica per gli anni 1908-909-910. Durante la sua civica amministrazione venne espletato un vasto programma di opere pubbliche. Basta ricordare la costruzione del Canalone che salvò l’abitato di Andria dalle frequenti acque alluvionali.

Animo aperto a tutte le sane conquiste del progresso, ma decisamente avverso a qualsiasi rivendicazione demagogica, quale componente la Camera di Commercio di Bari, si schierò nel 1901, insieme a Nicola Gioscia, in difesa degli interessi agricoli del paese contro l’insano utilitarismo dei socialisti del tempo, e difese a spada tratta la conservazione dei dazii doganali sul grano, contro la maggioranza del Consiglio di amministrazione della Camera di Commercio; sicché fu suo merito avere indotto questa ad una ulteriore revisione del progetto di abolizione, tanto che la proposta venne infine respinta.

Nel 1910 sostenne la lotta per la conquista del seggio Provinciale contro i socialisti, riuscendo eletto a grande maggioranza, ma le elezioni vennero annullate, perché costoro accamparono pretese violenze.

Ma la parte preminente avuta da Michele Marchio nella difesa del patrimonio agricolo andriese, forma una pagina magnifica della sua lunga e varia attività di uomo e di studioso. Varie pubblicazioni in materia agraria lo svelano fecondo e dotto osservatore dei maggiori fenomeni dell’ agricoltura. Nel 1899 scrisse un opuscolo « Premuniamoci contro la Fillossera » e propriamente l’anno innanzi in cui l’insidioso parassita della vite cominciò ad invadere i nostri ubertosi vigneti. Scrisse sull’allevamento del bestiame vaccino in Puglia, ecc. E’ suo un dotto opuscolo sul mandorlo, pubblicato anche nel 1899, con riferimento alla coltivazione di tale albero nel barese e alle conseguenti esperienze ad esso attinenti. Lo stesso Vivarelli, allora dirigente della Colonia Agricola, riprese in collaborazione lo studio del Marchio.

Con Antonio Jatta e il De Benedicti costituì in Barletta la prima Società delle vinacce, nell’interesse dei viticultori, che ebbe per immediato risultato un forte aumento del prezzo delle vinacce. Ancora con Antonio Jatta e col De Laurentis, nonché col Prof. Flores dell’Istituto Tecnico di Bari, Michele Marchio gettò le basi del primo Consorzio Antifillosserico volontario, poco prima che si affacciasse la fillossera in Puglia. Ma vista la indifferenza degli altri agricoltori al riguardo, propugnarono presso le sfere governative la costituzione dei Consorzi obbligatori: istituzione urgente, che ben presto mise la nostra provincia in condizioni di poter ripristinare i vigneti, distrutti dal terribile flagello, e lo stesso Marchio fu il primo Presidente del Consorzio di Andria.

Innumerevoli sono le cariche pubbliche da lui occupate, specialmente quelle attinenti all’agricoltura, nel cui campo Michele Marchio è autorevolmente considerato in prima linea.

L’elenco che segue, dei premi e delle onorificenze concesse in occasione di Mostre ed Esposizioni ai suoi prodotti, dimostrano a sufficienza a quale grado di alta potenzialità egli ha fatto assurgere l’azienda paterna:

l. – Sussidi dello Stato per miglioramenti e bonifiche e costruzioni rurali; per la trasformazione e nuovo indirizzo dato al suo bestiame ed alle colture foraggiere.
2. – Medaglia d’oro alla Mostra Nazionale Ortofrutticola del 1930, in Bari, per la frutta secca di produzione Marchio.
3. – Medaglia d’oro alla Mostra agraria di Barletta per i vini. Oltre ad altre Medaglie d’oro a varie Mostre Zootecniche.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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