LAGRAVINESE DOMENICO

Ecco un altro campione magnifico della nostra borghesia rurale appassionatamente protesa ad incrementare il patrimonio agricolo della nostra terra arida ed accesa. Di modesta famiglia di agricoltori, Domenico Lagravinese nacque in San Michele di Bari il 29 settembre 1855, e dai suoi parenti, dopo la frequenza delle elementari, fu avviato agli studi classici nel ginnasio di Acquaviva delle Fonti, fin allora centro di studi molto accreditato della nostra provincia. Desideroso di svincolare subito i suoi parenti da ogni peso e da ogni sacrifizio dipendente dai suoi studi, egli si occupò e si preoccupò di acciuffare subito un titolo che gli avesse data la indipendenza e lo avesse posto faccia a faccia con la vita.

Volitivo e dignitoso, egli conseguì il diploma di magistero elementare e visse gli anni della sua giovinezza spezzando il pane dell’abaco ai piccoli del suo paese. Più tardi, per i suoi meriti d’insegnante appassionato, conseguì la nomina d’Ispettore delle scuole del Comune, e così dal 1885 in poi egli si dedicò con fervente assiduità all’educazione dell’infanzia.

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Ammogliatosi con la signora Rosa Pugliese, nata a Gioia, di famiglia Sammichelina, gli fu possibile di dividere le sue cure di educatore con quelle di dissodatore di terre.

Tornava a svilupparsi in lui il famigliare attaccamento alla terra cui i suoi antenati avevano dedicato tesori infiniti di fatiche e di preoccupazioni.

Ed è stato un agricoltore cui sono rimaste sconosciute le sfiducie e gli abbattimenti che spesso spesso affliggono anche i nostri migliori.

Egli ha sentito vigile e palpitante in sè il precetto cristiano in virtù del quale bisogna accordare alla terra fiducia estrema giacchè essa non disinganna mai; ed ogni collasso fu vinto, ogni insuccesso destò in lui nuove linfe di audacia e di fede, ogni esperienza nuova gli si appalesò col volto raggiante della bella promessa.

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Incrementò quindi sensibilmente la produzione delle sue proprietà, mediante la trasformazione condotta con criteri d’ordine scientifico e d’ordine pratico: là dove poteva svilupparsi la vite sorsero vigneti opimi; là dove lo sviluppo degli ulivi e dei mandorli poteva dare sicuro rendimento, sorsero selve redditizie di tali alberi. Ond’è che le aspirazioni non potute raggiungere dal padre Vito Matteo ch’era anch’egli un appassionato agricoltore del paese, furono dal giovane figliuolo compiutamente raggiunte.

Onesto e meticoloso fino allo scrupolo, lontano da ogni consorteria locale, egli fu ritenuto subito dai suoi concittadini il degno rappresentante dei loro interessi morali ed economici.

Perciò, ancor giovane, fu costretto ad alternare la cura delle sue proprietà a quelle del bene comune.

Ebbe incarichi amministrativi e tecnici. I suoi successi nel campo dell’attività agricola non soltanto lo portarono a conseguire premi e segnalazioni nelle varie mostre zootecniche ed agricole che si svolsero in Bari alla fine dell’800 e al principio del ‘900, ma gli valsero la nomina a Componente il Consiglio Direttivo della Cattedra Ambulante di Agricoltura di Bari ed a componente della Commissione Forestale Provinciale e della Commissione Provinciale elettorale.

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Nel campo dell’attività amministrativa egli fu, ancora giovanissimo, eletto Consigliere Comunale e poscia componente della Giunta Municipale del suo Comune; fu nominato presidente della Congregazione di Carità dello stesso Comune, carica che ha tenuta per circa 60 anni, dimostrando spirito di umana solidarietà e di superiore giustizia.

Contemporaneamente a queste cariche egli riceveva l’incarico onorifico di Vice Pretore Comunale che teneva con alto senso di equilibrio per circa 29 anni e che gli valeva l’alta considerazione dei Magistrati Superiori e la nomina a Cavaliere della Corona d’Italia (25 luglio 1892).

Fu anche per 15 anni delegato scolastico del suo Comune e Presidente della Commissione di Ricchezza Mobile mandamentale di Turi.

Nel 1895, per le benemerenze conseguite nel campo amministrativo agricolo, scolastico e sociale, i suoi concittadini lo elessero a loro rappresentante nel Consiglio Provinciale, e così fu per altri anni ancora e cioè fino al 1918, fino a quando egli, per il sopravvenire delle falangi giovanili, reduci dalla guerra vittoriosa, pensò di ritirarsi da ogni attività amministrativa per far largo alle nuove consapevoli energie.

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Durante questi cinque lustri di attività svolta nel massimo consesso della Provincia, egli fu anche membro della Deputazione Provinciale e come tale ebbe agio, in svariate discussioni interessanti la rinascita della nostra terra, di affermare le sue doti di intelligenza, di buon senso e di cultura.

Queste cure e queste preoccupazioni d’ordine pubblico non lo distolsero da quella che era la sua maggiore passione, e cioè l’agricoltura. Continuò ad assistere pertanto le sue proprietà e conseguì nuovi riconoscimenti fra cui sono da segnalarsi diverse medaglie d’argento e diplomi d’onore alle Esposizioni Nazionali Agricole di Milano nel 1966 e di Roma nel 1909; nonchè premi del Ministero dell’ Agricoltura per aver promossa la coltivazione delle foraggere. Il 10 agosto 1910, su proposta del Ministro dell’ Agricoltura, egli conseguiva la nomina di Cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro e, più tardi, sempre su proposta dello stesso Ministro, la nomina a Cavaliere Ufficiale della Corona d’Italia.

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Giunta la nuova atmosfera restauratrice creata dal genio di Mussolini, Domenico Lagravinese, che era stato sempre contrario a qualsiasi movimento sovvertitore, aderendo però sempre alle giuste aspirazioni dei giovani, Domenico Lagravinese, che fu sempre contrario a qualsiasi sopruso ed a qualsiasi sopraffazione, accettò con entusiasmo il nuovo verbo e diventò uno dei più sinceri ausiliatori del Fascismo locale mettendosi in linea con i più giovani e confermando così la sua alta comprensione delle necessità che imponevano la restaurazione di uno Stato forte e di un ordine, entro il quale doveva e poteva svolgersi la sicura rinascita dell’Italia nuova.

Fu appunto in considerazione dei suoi precedenti di Amministratore Pubblico probo ed oculato, fu in considerazione di questa sua adesione entusiastica ai precetti della nuova vita Nazionale, che il Governo Fascista lo gratificò della commenda della Corona d’Italia. Così egli, circondato dalla stima dei suoi concittadini e dei gerarchi della sua Terra, continua ancor oggi, e nonostante i suoi 82 anni, a tenere il governo del suo patrimonio, con mente serena e con braccio fermo, pago dell’amore e delle cure dei nipoti Pugliese che lo ebbero come secondo padre e che ora, per il matrimonio della signorina Rosa con l’on. prof. Leonardo Daddabbo, cominciano a vedere accresciuta la somma di affettuose energie che incoronano l’attiva e degna vecchiaia di così mirabile esponente della nostra migliore borghesia terriera.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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