DE LUCA RESTA FAMIGLIA

Orazio De Luca-Resta rappresenta degnamente la nobiltà pugliese, sia per l’intima essenza spirituale, sia per le azioni di bene, sia per le sue elezioni artistiche ed estetiche.

La sua avita casa di Noci e quella ottocentesca di Roma, nonchè la grandiosa, villa che si affaccia sulle colline in San Michele e di Putignano in quel di Noci, testimoniano ampiamente di questa sua alta spiritualità: fioriscono nei saloni bacheche contenenti ricche collezioni di maioliche e di porcellane, accoglienti la famosa collezione archeologica che fu di suo nonno Caputo di Ruvo; palpitano nel parco ombroso e immenso i segni dello squisito buon gusto del padrone.

E se in quest’uomo di signorile aspetto e cortesissimo nei modi, vibra l’intima serenità dello spirito, attraverso la conversazione con lui ti vien fatto di pensare che non a caso la fortuna contrassegna queste figure di gentiluomini con il retaggio della più perfetta signorilità.

D’altro canto nella famiglia De Luca è secolare la tradizione nobiliare. Il Sedile dei Nobili di Trani, donde si partirono nel 1560 i De Luca che formarono il ramo Santeramano e Nocese, conteneva questa famiglia nel Libro d’Oro.

Appunto nel 1560 un De Luca, per il suo matrimonio con Colomba Decolapetri, anche essa di nobile famiglia pugliese, si stabilisce a Santeramo e quivi continua la robusta e sana vitalità della famiglia fino all’800, fino a quando cioè un Orazio De Luca sposa una Resta di Noci e qui si stabilisce sviluppando considerevolmente la sua fortuna personale.

Due sacerdoti, fratelli di questa signora, che poi è la bisnonna del vivente marchese Orazio, onde evitare che la loro famiglia si fosse completamente estinta per mancanza di eredi di sesso mascolino, donarono tutto il loro vistoso patrimonio al nipote Orazio, imponendogli il loro cognome a quello patronimico.

E’ così che Orazio De Luca-Resta vede crescere in maniera considerevole il suo patrimonio e può dedicarsi con rinnovellato ardore all’opera di trasformazione terriera dei suoi beni.

Egli sposa una signorina del nobile casato Caputo di Ruvo di Puglia dalla quale ha parecchi figli che egli educa secondo richiedono le esigenze del suo rango.

Più tardi una figliuola di Orazio si sposò con un cugino di famiglia Caputo e rafforzò maggiormente il vincolo di parentela con la illustre famiglia Ruvese di cui ci occupiamo in questa stessa rubrica.

Da Orazio nacque, tra gli altri, e sopravvisse, Francesco Saverio De Luca-Resta il quale sposò una Brancaccio di illustre famiglia partenopea ed ebbe da questa tre figli: il vivente marchese Orazio, Carlo che è morto ancor giovane e Maria che andò sposa al marchese Capranica del Grillo, il proprietario del famoso palazzo-castello posto a ridosso del Foro Traiano ed all’ombra della Torre di Nerone.

Fu il marchese Francesco Saverio a trasformare da pascolo a cultura cerealicola la grandiosa masseria della «Giunta» posta fra Noci e Gioia del Colle, ed a costruire la villa di cui abbiamo parlato più sopra e che il suo figliuolo Orazio coronò di una verdeggiante vicenda di cipressi, di palme e di alberi preziosi.

Singolare benemerenza del marchese Orazio resta quella di avere acquistato nel 1900 dal Principe De Mari di Acquaviva il vetusto castello normanno di Gioia del Colle e di averne curato il restauro integrale, impiegando ingenti capitali.

Che poi questo restauro non abbia resistito al tempo per mal calcolate misure d’ingegneria, a noi non interessa. Ciò che importa è che fra tutti i proprietari di palazzi e di castelli monumentali in pieno disfacimento che ancora oggi avvelenano gli innamorati romantici delle testimonianze del nostro passato augusto, solo Orazio De Luca-Resta ebbe l’audacia e la forza di compiere, a sue spese, un’opera che attesta il suo amore sconfinato per i richiami della antica grandezza pugliese, per gli accenni della genialità costruttiva e decorativa dei nostri ingegneri e dei nostri scalpellatori del Duecento. Egli è nato a Napoli il 1874 perchè là il padre si trasferiva per 6 mesi dell’anno, ma conserva nel sangue una tenerezza filiale per la Terra dei suoi avi; ed è infatti a Noci, un po’ nella sua villa un po’ nella sua casa patriziale posta nella città vecchia, che egli passa buona parte dell’anno dividendo la sua giornata fra la cura dell’amministrazione dei suoi beni e la pratica del culto per tutte le manifestazioni della bellezza antica e nuova.

Nel 1904 egli ebbe anche una parentesi di attività politica che lo rese noto negli annali dei ludi cartacei della Terra di Bari.

Fu infatti candidato, nelle elezioni del 1904, dei progressisti del vecchio collegio di Gioia del Colle in contradizione con Vito De Bellis che aveva la colpa di essere uno dei più intimi amici di Giolitti.

Fu quella del marchese De Luca una specie di candidatura protesta ma valse ad accrescere il credito che vibrava intorno a lui per la sua nobiltà spirituale e per le altre qualità che ne contradistinguono la singolare personalità.

Nelle elezioni politiche del 1909 il fatto si rinnovò, ma lasciò tale senso di nausea nel candidato-protesta che questi decise di rifiutare ogni offerta del genere fattagli da amici o da interessati.

E, uomo diritto e serio com’è, ha mantenuto fede alla simpatica deliberazione.

Egli non lascia eredi diretti perchè dal matrimonio con una nobile esponente del patriziato napoletano non ha avuto figliuoli.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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