CHIDDO PASQUALE

Uno, fra gli altri industriali pugliesi del vino, ci ha sorpreso e commosso sia per la sua forza di volontà, quanto per la sua modestia.

E’ Pasquale Chiddo, che dal padre Giuseppe attinse la passione per la vite e la silenziosa operosità.

Nacque in Bitonto 52 anni or sono ed iniziò la sua attività industriale 35 anni or sono, accanto al fratello Girolamo che, più grande di lui di 10 anni, lo avviò per primo alla conoscenza dei segreti che governano la buona manipolazione dei mosti e l’equilibrata fermentazione di essi.

L’azienda, dapprima modesta, fissò i suoi penati in località Sant’ Antonio.

Il giovanotto, scaltrito dal fratello maggiore, cominciò a salpare dal nido spingendosi nella aspra e ferrigna Calabria che anche in quei tempi assorbiva il prodotto delle nostre vigne, innestando i primi rapporti commerciali, propagandando la serietà della Ditta nascente, la bontà dei suoi vini.

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Le promesse non erano fallaci perchè erano sostenute dalla coscienza del dovere verso sè stessi e verso gli altri, dalla brama ostinata di volersi affermare nella vita con la dirittura morale e con la reazione a qualunque sacrifizio.

La Calabria assorbì i vini dei Chiddo in misura sempre maggiore ed altri mercati si unirono a quello primitivo conquistato con tanto ardore aggressivo e con tanta fiducia nelle proprie possibilità.

Pasquale Chiddo ricorda ancora con evidente commozione quando il padre, in compagnia del bottaio Miolla, andò a Bari a comprare i primi due fusti per la prima spedizione a Roseto Capospulico in provincia di Cosenza. Gli parevano, quei due fusti, il viatico per la conquista del mondo, ed egli se li coccolò con gli occhi fino a quando il garzone non li ebbe issati sul carro e portali alla stazione di Bari per la spedizione. Partivano quei due fusti verso la Calabria, ma legavano per sempre Pasquale Chiddo alla passione della vinificazione e del traffico!

E l’azienda crebbe giorno per giorno, portò in giro pel Mezzogiorno d’Italia il nome di Bitonto, già celebre per i suoi oli raffinati e, con quel nome, l’altro di un casato che era nato fra una torre e l’altra del paese antico e che si affermava vigorosamente nel campo delle industrie e dei commerci.

Lo stabilimento in via Roma, che ha una capacità di circa 6000 quintali di vino, cominciò a vivere prima sulle carte dei progetti e poi nella realtà delle sue gabbie di cemento e dei suoi cavalli armati, dei suoi filari di botti enormi e del clangore delle sue pigiatrici.

Prima che il 1924 finisse, le fabbriche si accendevano di candore, il pulsante ansito della vita industriale vibrava intenso all’ombra dei capannoni capaci.

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Cominciava la nuova fortuna mentre i figlioletti – Rosa, Giuseppe, Grazia, Franco, Girolamo, Maria Carmela, Michele crescevano all’amore della casa ed alla comprensione delle dolci virtù domestiche delle nostre case patriarcali. Larga figliolanza ed amore al lavoro, ecco le due leggi cui Pasquale Chiddo ha improntato la sua operosa esistenza.

I mercati di esportazione si slargarono a catena di fronte alla genuinità e saporosità del prodotto: il vino bianco fu reso sempre più uguale ed uniforme perchè rispondesse alle esigenze del cliente ed abituasse questo alla costanza dello stesso gusto e della stessa bontà. Fu conquistata la Lucania e qualche mercato estero e furono conquistate terre alla vigna. Già, perchè la passione avita della terra non si era mai sopita in Pasquale Chiddo, e la coltivazione della vite non poteva andar disgiunta dall’industria del vino.

Una tenuta alle « Matine » ed un’altra in contrada « Monteverde » con una produzione complessiva di circa 1000 quintali annuali di uva, si aggiunsero al patrimonio familiare accrescendo le responsabilità e le preoccupazioni del proprietario che frattanto era rimasto solo alle cure dell’azienda.

Oggi Pasquale Chiddo svolge la sua forte attività consolato da una corona di figli: una – Rosa – è già lontana dalla nidiata, sposa del dott. Scivittaro; gli altri frequentano le scuole e promettono buon ausilio alla paterna fatica.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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