CECI DEODATO E RICCARDO

La figura di Deodato Ceci s’inquadra mirabilmente in una tradizione familiare che traeva e trae le sue luci dall’amore alla terra e dall’amore agli studi.

Sposò ancor giovane Benedetta Martinelli di nobile famiglia monopolitana ed ebbe un solo figlio maschio, Riccardo, che, seguendo l’ azione paterna, migliorò sensibilmente la proprietà ereditaria e ne ingrandì le proporzioni.

La sua passione per le trasformazioni terriere e le sue simpatie per i moderni sussidi dell’agricoltura furono coronate dal successo, in quanto che coincisero con un tipico, momento dell’economia rurale della Provincia di Bari, quando cioè i prezzi dei prodotti del suolo raggiunsero cifre imponenti.

Da questa situazione trassero notevoli benefici soltanto quei proprietari terrieri che, anticipando i tempi, si erano coraggiosamente lanciati verso l’intensificazione delle piantagioni fruttifere, noncuranti delle critiche severe ed ingiuste dei soliti maldicenti, fiduciosi solo nella forza della loro legge di vita improntata ad una sicura coscienza dei nuovi doveri dei proprietari terrieri verso se stessi e verso la società.

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Egli ingrandì considerevolmente l’azienda agricola della tenuta « Petrone » che aveva un comprensorio di circa 800 versure, prima che l’Opera Nazionale Combattenti ne avesse acquistato 400 ettari per aggregarli al comprensorio del villaggio agricolo di Montegrosso.

In questa tenuta egli non soltanto piantò l’ulivo e la vite, ma diede soccorso di grandiosi stabilimenti oleari e vinicoli curando nel frattempo lo sviluppo dell’industria armentizia che legò alla zona pascolativa della fattoria.

Nel 1900 acquistò dalle sorelle del principe Doria un’altra grandiosa tenuta denominata «San Leonardo» e posta sulle pendici di Castel del Monte, ed anche qui egli portò il tesoro delle sue ardite iniziative agricole provvedendo a nuove piantagioni ed a nuove bonifiche integrali.

Il figlio Riccardo, che era nato nel 1856, assecondò subito il padre in questa eccezionale attività agraria diventando il di lui più utile collaboratore.

Sposatosi con la signorina Concetta Marchio, del fu Riccardo, ebbe 18 figli.

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Erede degno della paterna tradizione di appassionata devozione ai tesori della terra e di feconda attività lavorativa, egli, dalla famiglia patriarcalmente numerosa, ebbe solo la spinta ad incrementare e migliorare la produzione del vasto patrimonio.

I figli crescevano frattanto, nel magnifico palazzo ottocentesco costruito dal fine senso estetico e dalla verace e benintesa signorilità del padre, all’ombra di un’educazione severa e cordiale nello stesso tempo; crescevano investiti dall’esemplare costume di vita del Capo e della di lui gentile compagna, onde perpetuare nel tempo l’avito retaggio di dedizione ai georgici richiami, di amore alle cose belle, di sviluppato senso di umana solidarietà.

Il primo di questi giovani figli fu avvocato di luminose promesse ma fu spezzato, trentenne ancora, dalla parca inesorabile.

Seguivano Giuseppe, Arturo, Amedeo, Vittorio, Umberto, Gustavo e Guglielmo che in diversa misura e per diverse vie hanno raggiunto, tutti, la buona cultura ed il senso del dovere verso la famiglia e verso la società.

Qualcuno di essi è stato più vicino al padre nelle sue operose giornate che ebbero riconoscimenti ed elogi non pochi.

Non possiamo infatti dimenticare che a Riccardo Ceci, sempre primo fra i primi nei confronti dei gentiluomini agricoltori della città di Andria, furono assegnati numerosi e rilevanti premi ed attestazioni per campioni della sua eletta produzione olearia e vinicola.

Delle due figliuole che Riccardo Ceci ha avuto, una, Benedetta, è andata sposa al compianto Giuseppe Alberotanza e l’altra, Antonietta, all’ing. Giuseppe Salandra, figliuolo all’ex Presidente del Consiglio.

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Riccardo Ceci si è spento il 28 agosto 1925, circondato da tutti i suoi figliuoli che, ispirandosi alle norme della di lui vita, si sono anch’essi dedicati all’amministrazione del patrimonio ereditato con sani criteri d’ordine economico e sociale, con la volontà di intensificare le coltivazioni più produttive, e di nuovo amore alle terre che conoscono le cure del padre e dell’avo loro.

Nella fattoria « Petrone » e negli stabilimenti di via Canosa, nonchè nelle altre tenute che portano il segno della loro famiglia, vibra infatti il senso d’ordine, la bontà amministrativa e la cura amorosa di questi giovani gentiluomini che onorano la signorilità di nostra Terra.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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