CASTOLDI FILIPPO

Chi incontrasse per una delle nostre strade provinciali il dottor Filippo Castoldi, tutto intento a regolare il passo di un baio niente affatto focoso, dall’interno di un suo carrozzino antidiluviano; chi spiasse nei pacifici occhi del guidatore i tormenti e le ansie, capaci di scuoterlo e di tormentare il di lui spirito, finirebbe forse col credere che nell’animo di questo francescano cavalcatore non abbia regnato che sonno e quiete.

Ora, non è che si voglia dare al lettore una delusione eccessiva. Il dottor Castoldi è in effetti un « pacioccone », ma è pur vero che fino al 1890 la sua vita ha conosciuto continua mobilità, che è stata poi seguita, ancor oggi, da un continuo mutar di attitudini, or spirituali ed or di lavoro, e da una continua ed acuta volontà di migliorare e di trasformare tutto ciò che si offriva al suo sguardo pacifico.

Lo abbiamo accompagnato, in un suo recentissimo sopraluogo, ad una masseria, da lui acquistata da poco, in tenimento di Mola. La masseria che si nomina « Del dottore » o « Rinaldi » oltre a disporre di uno stabile superbamente vanvitelliano e di uno stabilimento oleario in grande stile, racchiude, nei suoi confini, uno dei territori più fertili della plaga. Belle piantagioni di ulivi, di carrubbo e di mandorlo.

Senonchè il dottore, che ha raggiunto questa sua tenuta dopo 40 chilometri di percorso, in calesse, ha gli occhi pieni di dolorosa ansia, come se dalla sua opaca pace, scappasse fuori il demonio del più nero scontento.

Si è che il nostro amico, dopo quattro mesi di padronanza di queste opime zolle, già progetta e sagoma in aria tracciati di trasformazione, di scassi, di irrorazioni.

Addio, quindi, serenità ed addio a quella pace che è tanto un falso sudario apposto sulla larga e sonnecchiante faccia del nostro amico.

Che le sue origini avessero conosciuto le tempeste ce lo assicura il fatto che il padre di Don Filippo Eugenio Castoldi si trasferì qui, nel 1862, da Corte in Lombardia, per tener dietro alla repressione del brigantaggio.

Il Castoldi padre era un magnifico ufficiale dei carabinieri, venuto fuori da una ricca e patriarcale famiglia di agricoltori.

Nel 1848, perché perseguitato ad oltranza dagli austriaci, aveva conosciuto la perigliosità di una fuga, scappando da Zagarolo. Un uomo, ;che a parte le attitudini della sua professione militare, aveva conosciuto e forse amato la rischiosa mobilità della sua giovane vita.

Solo a Bari il suo spirito si placherà, quando, agli entusiasmi della sua vita militare, una ventata di amore subentrerà, per legarlo in un matrimonio felice alla signorina Angela Gimma, figliuola di quel Mario Gimma, che era stato Sindaco di Bari ai primordi dell’unità italiana.

Di questi può dirsi che fu patriota insigne e che ebbe a consumare i suoi beni per la gloriosa causa dell’Unità Italiana.

Da questa unione ebbe i natali Don Filippo, unico figliuolo, che iniziato agli studi, in Bari, ed inviato a completarli a Bologna, li concluse, laureandosi con una opulenza di votazione, in Napoli, in un’epoca in cui l’Ateneo di questa città meridionale era gloriosa per le facoltà di medicina.

Filippo Castoldi nacque il 1 febbraio 1880 ed a 28 anni si ammogliò, sposando la signorina Giovanna Birardi, di famiglia borghese di Palo del Colle.

Negli inizi della sua professione fu chirurgo a Chieti, per quattro anni consecutivi. Poi volle raggiungere suo padre, che frattanto si era .ritirato dall’Esercito, abitando con la famiglia in Bari. Dopo qualche anno in cui il Castoldi continuò con amore e con successo la sua professione, fu attratto a poco a poco dai doveri di un’amministrazione terriera, che richiedeva sempre di più le sue cure. Ma irrequieto il figliuolo, come mobile ed irrequieto era stato il padre, ecco che lo vedremo dedicarsi oltre che all’agricoltura, anche ad altri generi di industria. Non era fatto per essere un contantista dormiglione, in quanto, ex medico e giubilato agricoltore, si voterà agli ardimenti delle costruzioni edilizie e per primo gli vedremo vendere case a quarti in Bari.

La casa costruita era di proprietà del Barone Sardani, zio della moglie; e questo edifizio era sito nei pressi del famoso arco del Carmine.

In quest’epoca il dottore diventa autore di una numerosa figliolanza: undici figli di cui otto viventi. Il primo di essi è ingegnere, il secondo studia legge ed il terzo frequenta, in Conversano, l’ultimo corso di Liceo.

Caratteristica del Castoldi è quindi una a cordialità bonacciona, tutta soffusa in un volto

sorridente e tranquillo, che vela una costante ed operosa tormentosità di propositi e di attitudini, che lo costringono a sempre più lavorare, a più radicalmente trasformare e a perennemente migliorare.

Quest’uomo, che nella sua bella casa di campagna, in Santo Spirito, raccoglie una biblioteca, ricca di bellissime opere, alterna agli amori della mai dimenticata professione, quelli o per la terra, che di più lo dilettano ed invaghiscono.

Discute con garbatezza scientifica, da medico, della biologia delle piante e così dei loro mali e dei loro rimedi. Il suo risveglio conosce a le ore antelucane, il suo sonno la stanchezza di una giornata dedita interamente all’operosità ed al lavoro.

Ascriviamo doverosamente il nome di questo intelligente e colto professionista alla categoria, tanto meritoria, degli uomini del lavoro.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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