BUONVINO MAURO

Mauro Buonvino legò il suo nome alla costruzione anticipatrice dell’attuale raggiante capacità di Bari audace e venturosa. Fu il costruttore di quell’ edifizio che, destinato dai nostri antiveggenti padri coscritti a sede di Ateneo, ha finito di ospitare quella Università ch’era nei loro migliori voti.

Mauro Buonvino nacque a Palo del Colle nell’anno 1825, da Vitantonio e Laura di Palo.

Suo padre, provetto maestro muratore, godeva discreta agiatezza, possedendo una piccola casa ed alcuni fondicelli. E poichè in quell’epoca era tra i maggiorenti del paese, pensava d’incamminare il suo primogenito figlio Mauro al sacerdozio, e così nobilitare la famiglia.

In quel tempo a Palo non vi erano scuole: vi era solo un prete che insegnava a leggere e scrivere e non più. Il ragazzo, che contava dai sette agli otto anni, fu affidato a lui che, invece di adibirlo alla lettura, lo adibì al disbrigo dei servizi di casa.

Dopo non molto tempo però, stanco ed infastidito degli ordini che via via aumentavano, mentre che imparare a leggere e scrivere erano cose di là da venire, vivace com’era, si ribellò, ed un bel mattino si allontanò dal paese, pigliando le vie di campagna.

Non molto lontano dall’abitato, vagando, si avvicinò ad alcuni scalpellini che lavoravano alla costruzione d’una casa rurale e che lo conoscevano. Prese fra le mani martello e scalpello, dicendo di voler imparare quel mestiere. Tutti ne risero, e però il ragazzo non smise, sì che, sopraggiunto mezzogiorno, volevano che ritornasse a casa. Egli testardamente non volle, e così gli diedero del pane e qualche pomodoro pel pasto, chè non avevano altro.

Giunta la sera e smesso il lavoro, il ragazzo non voleva ritornare a casa, sì che dovettero a viva forza condurvelo. Inutile dire che a scuola del prete non volle più tornare, mentre con indicibile passione si diede all’arte dello scalpello, nella quale divenne, oltre ogni dire, provetto. E così raggiunse l’età di 14 o 15 anni, quando dal rinomato Architetto Castellucci di Bitonto gli vennero affidati lavori in pietra dell’Orfanotrofio Maria Cristina di Savoia, completati i quali, lo stesso Castellucci, che aveva preso a volergli molto bene, lo condusse a Bari, affidandogli la direzione, nonchè l’appalto del palazzo del Barone Ferrara, che trovasi al Corso Vittorio Emanuele, occupato presentemente dal Comando del Corpo d’Armata.

Il giovane e valente appaltatore, via via che l’opera procedeva, riscuoteva sempre più l’ammirazione e la simpatia dei maggiorenti che in quell’epoca contava la nostra città, sì che, presto, ebbe a vivere in ambiente superiore alle sue condizioni. Epperò continuò nella sua consueta attività, mettendo su famiglia ed imparentandosi con famiglia rispettabile e facoltosa di Bari.

E così si pervenne al 1860, nelle cui vicende fu coi liberali, pigliando viva parte a quei rivolgimenti. E’ noto ch’egli ospitava nella propria casa Giuseppe Massari tutte le volte che questi veniva a Bari. E del Massari fu ammiratore e sostenitore: la sconfinata e disinteressata amicizia gli era ricambiata con amore fraterno.

Verso quell’epoca, e cioè dopo il 1860, assunse l’impresa della costruzione delle stazioni ferroviarie di Bari, S. Spirito, Giovinazzo, ecc., mentre in prosieguo fu prescelto, tra i diversi concorrenti, per la costruzione dell’ Ateneo, il grandioso edificio che oggi ospita l’Università Benito Mussolini, e che altamente onora la nostra città.

Mauro Buonvino fu lavoratore coscienzioso e di specchiata onestà. Di nobile cuore e di elevati sentimenti, fu amante del prossimo e caritatevole: nessuno si rivolse a lui, tornandosene a mani vuote. Così educò i figli.

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Da larga prole fu allietata la casa di lui, epperò tre soli furono i figli maschi, e cioè Vitantonio, Francesco Saverio e Michelangelo, i quali tutti, allevati e cresciuti nel sano ambiente della loro casa, seguirono le orme paterne, rendendosi poi benemeriti del loro paese.

Francesco Saverio Buonvino venne al mondo colla caratteristica speciale di grande lavoratore; e perchè di temperamento affabile e cordiale, fu sinceramente amato da quanti ebbero occasione di avvicinarlo. Durante la grande Guerra ebbe dal Governo speciali incarichi di fiducia (incarichi esenti da retribuzioni) che egli disimpegnò col maggiore successo, conseguendone larghissima lode.

Per molti anni fu Consigliere della Banca d’Italia, Sede di Bari, dove spesso funzionava da Direttore, in assenza dei titolare. Fu oltre ogni dire caritatevole, e ne è prova il largo e completo rifacimento fatto a sue spese di tutti i locali dell’Asilo di Pietà, per cui gli amministratori di quell’Istituto, in seguito alla sua morte, intitolarono una parte dell’edifizio al suo nome.

Francesco Saverio Buonvino morì il 5 marzo 1932.

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Michelangelo Buonvino, giovanissimo, si laureò in legge e fece pratica a Napoli presso valorosi giuristi. Di là passò a Parigi, dove rimase per qualche anno. Richiamato a Bari, cominciò con successo ad esercitare la professione, ma finì collo smettere, perchè molti clienti, abusando della sua bontà, non lo risarcivano neppure delle spese. Fu per questo che si ritirò a Firenze, dove visse qualche tempo, dedicandosi allo sport.

Si diede poi alla politica, e fu deputato per due legislature nel Collegio di Conversano. Come tali acquisì grandi benemerenze.

Si occupò strenuamente del restauro della Cattedrale di Conversano. rovinata da un incendio.

Michelangelo Buonvino morì il 21 febbraio ti 1921.

Vitantonio Buonvino frequentò da giovane l’Istituto Tecnico, e nel 1870, a soli 18 anni, si recò in Germania, dove, tra Francoforte ed Amburgo (quale impiegato in case commerciali) rimase circa quattro anni, occupandosi per proprio conto degli scarsi rapporti commerciali che in quell’epoca esistevano tra l’Italia e la Germania. Rimpatriato, iniziò il commercio di esportazione dei prodotti del nostro suolo, e però, dopo qualche anno, unitosi col fratello Saverio, si diede al commercio dei legnami, che sotto la ditta Fratelli Buonvino fu Mauro prosperò a tal punto, da assumersi per lungo tempo il monopolio dei legnami per l’intera Italia Meridionale, legnami dei quali si faceva larghissimo consumo per la grande esportazione dei nostri vini che in quell’epoca raggiungevano la Francia, l’Austria e l’America.

Dedito al lavoro, e lontano dai partiti locali, dei quali non fece mai parte, prestò per molti anni l’opera sua al Banco di Napoli, quale Consigliere di Sconto; fu poi Consigliere della Camera di Commercio insieme ad Antonio De Tullio ed a Saverio Costantino, il quale l’ebbe al suo fianco nel creare il Sindacato Pugliese di Assicurazione Mutua.

Fu poi nell’anno 1905 che, coadiuvato da pochi amici, tra i quali Pietro Grinda, Guglielmo Murari, Saverio Costantino e Sebastiano Losito, mal tollerando che la nostra Bari restasse al disotto di altre località della Provincia per riguardo all’illuminazione elettrica, sia pubblica che privata, Vitantonio Buonvino creò la Società Elettrica Barese.

In quel tempo, qui, le iniziative industriali incutevano poca fiducia. Ma Vitantonio Buonvino seppe animare il risveglio e, non appena ebbe la impressione che la faccenda potesse andare per le lunghe, chiuse la prima sottoscrizione di capitale, impegnando sè stesso ed i suoi fratelli per l’intera, notevole differenza.

Nel 1909, dopo una seconda sottoscrizione, fu impiantato il servizio tramviario intercomunale Bari-Carbonara-Ceglie. Nel 1910 furono messe in esercizio le tramvie elettriche nella città.

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Bari intanto incedeva celerissima nel suo cammino ascensionale la centrale termica della S.E.B. più non bastava per tutte le occorrenze. Ed allora Vitantonio Buonvino fece ricorso alla terza sottoscrizione. Quando però s’accorse che per quel verso la mèta non sarebbe stata raggiunta, deluso, vide delinearsi la possibilità di una infiltrazione di capitale forestiero e finì poi collo stipulare una convenzione col Gruppo Belga della « Société Générale des Chemins de Fer Economiques » di Bruxelles.

La guerra mondiale frustrò quel primo tentativo di assorbimento; ma nel 1919, a quel « Gruppo» se ne sostituì un altro, che operò meglio, proficuamente. Le azioni della « Barese » furono travolte e barattate; la Società locale bruciò sull’altare delle necessità contingenti la sua bella caratteristica; Vitantonio Buonvino continuò fino al 1926 a farla da Presidente; poi, come Cincinnato, se ne tornò ai suoi campi e si potrebbe scrivere anche di lui: « arantem invenerunt ».

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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