VENDOLA GIUSEPPE

E’ un appassionato e vigile agricoltore; un laborioso professionista.

Nacque a Terlizzi il 6 aprile 1870 da Giovanni, negoziante in vini, e da Nicoletta Tamborra.

A nove anni perdette il padre; e sua madre, accortasi che il suo piccolo Peppino marinava la scuola in media tre volte la settimana, decise di mandarlo lontano a studiare, chiudendolo nel Seminario di Ferentino (prov. di Roma), con la carezzevole intenzione, per lei, di farne un prete onde concludere la sua vecchiaia insieme a lui, ultimo dei suoi diciotto figliuoli. Ma la mamma adorata veniva a mancargli proprio mentre, a 15 anni, si preparava per la licenza ginnasiale. Fallito lo scopo, manda a monte la sottana, sottraendosi così all’ormai inutile sacrifizio.

A 17 anni va volontario nella R. Marina nella qualità di Furiere, sperando di arrivare subito a ufficiale di Commissariato. Ma la economia imposta a quel corpo dai dirigenti di allora mandò delusa la sua ispirazione. Terminato l’obbligo dei quattro anni di servizio, congeda e riprende i libri, ma questa volta da solo, senza precettori, avendo dato fondo allo scarso peculio lasciatogli dal padre. Nel luglio del 1926 consegue, nel Giambattista Vico di Napoli, la licenza liceale e nello stesso anno s’iscrive alla Facoltà di Medicina in quella R. Università. Nell’anno appresso passa a quella di Farmacia, laureandosi nel luglio del 1900. Un po’ tardi, invero, ma le sue peripezie non furono poche.

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Da Napoli si trasferisce a Corato, dove, nell’ottobre dello stesso anno, prende moglie e dà inizio alla sua professione di farmacista.

Quindi, assiduamente lavorando, si procaccia una discreta fortuna che, aggiunta a quella che gli viene dal commercio dei vini, tentata nel periodo della grande guerra gli procura un piccolo patrimonio, che gli permette di vivere ora con una certa agiatezza.

Pur essendo disgraziatamente senza figli, egli non sperperò la sua fortuna; e in mezzo a mille occupazioni e preoccupazioni professionali, attratto dalla sua predominante passione per la campagna, seppe trovare dei ritagli di tempo necessarii per dedicarli ad essa. Compra e vende poderi, dopo averli messi in valore, guadagnandovi; fintantochè non si decide a piantare le sue tende di agricoltore definitivamente in un piccolo latifondo in agro di Andria alla contrada Femmina Morta.

In 10 anni, senza ricorrere a crediti, che pur gli venivano offerti dalle Banche, facendo economie e privandosi anche del benchè minimo svago, mette in valore un terreno semistepposo. Vi fabbrica una casa colonica, scava cisterne, argina torrenti con un’assiduità sorprendente, se si pensa alle sue limitate risorse finanziarie.

Il latifondo di 27 ettari è stato già trasformato a vigneto, oliveto, mandorleto e frutteto.

Dalla fondazione degli Ordini professionali ha occupato ininterrottamente la carica di Consigliere. Dalla costituzione dei Sindacati e sino dalla loro formazione, fa parte del Direttorio Provinciale dei Farmacisti.

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Fascista militante dal giugno 1921, prese parte a tutte le operazioni punitive svoltesi nelle diverse città della Provincia.

Ha il Brevetto della Marcia su Roma, e il 17 settembre del 1925, veniva nominato Cavaliere della Corona d’Italia.

Fece parte dei primi due Direttori del Fascio locale ed occupò la carica di Assessore all’Igiene nella prima Amministrazione Comunale Fascista.

Fu anche componente dell’Amministrazione della Congregazione di Carità. Dal settembre 1931 al novembre 1934 dal Presidente della Federazione Agricoltori, Prof. On. Ricchioni, ebbe la nomina a Fiduciario del Sindacato Agricoltori di Corato; e il 27 ottobre del 1934 ebbe la nomina di Cavaliere Ufficiale.

E’ ora Vice presidente dell’Enopolio Consorziale, istituto che da appena tre anni di vita è assurto a una efficienza lavorativa imponente. Fu il primo del genere che sorse nella nostra provincia e, a detta dei tecnici, è uno dei più grandi e meglio attrezzati Enopolii del Mezzogiorno.

Appassionato della campagna e della suadente solitudine, vive per la maggior parte dell’anno, e quando le occupazioni professionali glielo consentono, in un suo villino al R. Tratturo, non molto lontano dalla città. E se la fortuna gli arriderà ancora, sì da permettergli di allontanarsi dalla professione per un meritato riposo, ha disposto di chiudere i suoi giorni in mezzo ai suoi campi, che egli tanto adora.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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