TOCCI FAMIGLIA

I Tocci – che furono detti anche Toccio e Tocco – discendono dai signori di Tocco, il cui più antico Capostipite che si conosca è tal Guglielmo di Tocco, ciambellano di Federico II di Svevia.

Sin dal secolo XII i Tocco figuravano tra ì più forti feudatari del Regno di Sicilia; si trasferirono sulla sponda opposta dell’Adriatico e furono investiti di molti feudi nel basso Epiro, Leucadia, Vonizza, Santa Maura ecc.

Essendosi imparentati coi Paleologo ereditarono diritti di successione nell’Albania, ma furono in continua lotta con altri pretendenti, tra i quali Bua Sgucos che li privò di molti feudi e persino con bastardi loro consanguinei che ricorsero alla protezione ed aiuto dei Turchi riuscendo a spogliare quasi tutto il ramo legittimo.

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Tra i Tocco – che un tempo erano divisi in due rami: Tocco delle onde e Tocco delle bande, secondo l’emblema del proprio scudo (ondato per gli uni e bandato per gli altri) il più illustre fu Leonardo III despota dei Romeni, che oltre ad essere stato nominato Luogotenente dello Skanderbeg e quindi della Santa Romana Chiesa – che li sosteneva nella lotta coi Turchi -sposò la principessa Melitza, figlia di Lazzaro e fu pertanto cognato con lo stesso Castriota, figlio dello Skanderbeg. Quando – alla morte di quest’ultimo – i Turchi ebbero invasa tutta l’Albania vi fu l’esodo delle nobili famiglie Albanesi (esodo che è narrato in un manoscritto di Don Flaminio Tocci di S. Giorgio Albanese).

Fu allora che molti albanesi si recarono in Calabria ed altri in Puglia, dove aumentarono le colonie che già vi si erano formate fin da quando lo Skanderbeg stesso aveva guidato gli albanesi nel Regno di Napoli in aiuto di Ferdinando I d’Aragona, contro i Baroni ribelli – e segnatamente contro l’Orsini, Principe di Taranto, che pur essendo parente del Re, ne era il più potente nemico.

Non è improbabile che anche in quel tempo si stabilissero nel tarentino dei discendenti dei Tocco; ma va ricordato che detta famiglia aveva già avuto feudi nella terra d’Otranto, quali Calimera, Santa Maria d’Avetrana, e la stessa Martina che Filippo d’Angiò, Principe di Taranto, tolse ai Tocco in cambio di altro feudo allorché quella cittadina diventò « Franca » .

Tocci Adolfo fu Angelo, da Lizzano, ebbe ad ereditare da suo fratello Giulio l’attuale sua azienda « S. Martino », che nell’ultima battaglia del grano raggiungeva la massima produzione del mezzogiorno.

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Se, pertanto, l’attuale proprietario dell’azienda, di cui ci occupiamo, merita di essere segnalato per i risultati raggiunti col suo costante ed assiduo lavoro, non minor lode merita il suo predecessore e fratello Giulio, che Ufficiale di Cavalleria si ritirò dal servizio militare per dedicarsi all’agricoltura con tenacia inaudita verso il 1902, in epoca in cui si era ben lungi dalla coltivazione razionale. Egli si dette ad introdurre nella sua azienda le macchine, non senza trovare da parte dei contadini vivi malcontenti, che in tale innovazione ravvisavano una sottrazione al proprio lavoro, e ad eseguire coltivi, tendenti ad aumentare sempre più la produzione. Tale attaccamento alla terra, ben ricorrente, invero, nella famiglia Tocci, ebbe l’Adolfo il quale dopo aver conseguiti ben 11 premi nella battaglia del grano nell’annata agraria 1937-38 otteneva la massima produzione granaria del mezzogiorno con quintali 49,25 per ettaro, produzione controllata dalla Commissione compartimentale per la Puglia e la Lucania.

Se in Provincia di Taranto, ed in zone fortemente tormentate dalla siccità, si è conseguita tal produzione, mai sinora conosciuta, e segnalata nel meridionale, ciò è indice della passione e della perseverante tenacia che il nostro rurale consacra alla coltivazione dei campi.

Coltivazione del grano

Il terreno, destinato a grano nell’azienda S. Martino, vien lavorato sin dall’inizio del mese di giugno, a 30-32 cm. di profondità. Si semina a novembre, a righe di cm. 18, mettendo da 135 a 140 chili di grano per ettaro, Le varietà di frumento sono il Senatore Cappelli e la Maiorica selezionata, Viene usata la concimazione indiretta, perfosfato, solfato potassico e letame alle colture da rinnovo, e nitrato di calcio soda, in due volte, a gennaio e a febbraio, al grano in ragione di un quintale per ettaro.

Altre produzioni ed attrezzature dell’ Azienda

Vengono coltivati, inoltre, tutti i cereali e l’azienda è ricca di erbai e possiede un grande medicaio irriguo, cosa preziosa nelle nostre aride zone. Ha una stalla razionale ed un importante allevamento bovino. Si ammira anche un allevamento ovino di razza moscia leccese e vasti fabbricati rurali. Vi sono magnifici vigneti per una estensione di circa cento ettari, belli e rigogliosi oliveti potati razionalmente, ottimi prati e coltivazioni di granturco e cotone Acala, uno stabilimento vinicolo elettrico per 4000 ettolitri di capacità.

Il Tocci ha costruito un canale di scolo lungo Km. 1,150, in cui sfocia una razionale rete di canali secondari per il rapido deflusso delle acque piovane. L’azienda è munita, poi, delle macchine più svariate, e fra queste una macchina trebbiatrice ed un motore.

Tale attrezzatura e rassegna, constatata ed ammirata dalla Commissione Compartimentale per le Puglie e Lucania, che ebbe ad usare parole di encomio pel Tocci, dimostrano che la tecnica granaria, nel mezzogiorno, ha compiuto i passi ed i progressi voluti e tracciati dal Duce.

Propositi d’ingrandimento dell’Azienda

I risultati fin qui ottenuti, saranno d’incitamento al Tocci per conseguire nuove vittorie, aiutato dalla costante fatica dei suoi due figli Luciano e Franco, dei quali il secondo è studente d’agraria presso l’Università di Bologna.

L’augurio migliore, è, che essi possano seguire l’esempio paterno di attaccamento alla terra, che è azione altamente patriottica.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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