LA TERZA FAMIGLIA

Questo Casato è di origine antichissima in Putignano. Da alcuni documenti se ne ha traccia, oltre che da un bellissimo stemma in pietra che sovrasta il portone di un’ antica proprietà della famiglia in tenuta S. Angelo, posta sulla via di Noci, dal quale si rileva l’origine guerriera del Casato, perché figurano, tra gli altri simboli, due guerrieri armati di lancia in combattimento. Uno dei rami, il secondogenito, si stabilì in Noicattaro da epoca imprecisata, ma certamente molto remota; ciò si desume dallo stesso stemma posto sulle colonnine del loggiato del palazzo La Terza in Noicattaro, stemma che ora è molto sciupato ed è appena decifrabile. Questo ramo cadetto è estinto.

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I La Terza hanno goduto sempre di largo censo e tra le tenute e possedimenti ad essi appartenenti, va segnalata una proprietà in Torre Pelosa (divenuto ora luogo ameno di villeggiatura) di origine antichissima (sec. XV -XVII) il cui edificio fu costruito per uso fortino, per la difesa dalle invasioni saracene. Si vuole che un capo saraceno nello invadere questa proprietà si innamorasse di una figliuola del proprietario ed imponesse ad essa il rito nuziale. Questo edificio ancora esistente, fu rimaneggiato, ed ora è una bella villa. Di questa epoca è pure la Torre esistente in Torre Pelosa che fu ridotta ad un rudere per l’incuria degli uomini e le ingiurie del tempo; ora è stata riattata.

Tra i discendenti del ramo di Putignano (l’unico ora esistente) va ricordato un Domenico (+ 1755), che fu letterato, filosofo e giurista.

Un Nicola che anch’egli si addottorò in giurisprudenza, divenendo un avvocato di valore e giurista profondo. Egli fu un liberale che molto contribuì alla diffusione e all’affermazione dell’idea e fece parte di comitati Carbonari e gli fu anche affidata la carica di capitano delle Guardie Nazionali. Morì nel 1867. Nicola sposò la signorina Angela Nardone e dal matrimonio nacquero due figlioli, Cesare, morto a 22 anni, celibe e Giuseppe (n. 12 gennaio 1857). Questi si addottorò in Medicina e chirurgia e contrasse matrimonio con la Nobile signorina Maria Antonietta Tatulli dei Marchesi Capocchiani, famiglia questa molto illustre oltre che nobile, di origine calabrese, e che dette, tra gli altri, due insigni Magistrati, Bartolomeo e Giovanni che entrambi raggiunsero per i meriti eccelsi, il grado di Presidente della Corte di Cassazione.

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Il dotto Giuseppe, dal suo felice matrimonio con la signorina Tatulli, ebbe una figliuola, Elena.

Più che medico, Giuseppe La Terza fu un cultore studioso e profondo di scienze occulte e tra i suoi autori preferiti, figuravano Flamarion, Soter, Lombroso, von Schòren, De Felice, Porinski, Italo Tonta ed altri.

Nei suoi esperimenti tenne sempre di mira l’affermazione scientifica e non la superficialità dei facili propalatori di notizie sensazionali, i quali, in maggior parte, ingannavano per speculare sull’altrui buona fede. In sostanza egli fu un convinto della grande verità ed è un vero peccato che non abbia lasciato alcuno scritto, a meno che non si debba tener conto delle molte postille, segnate in margine dei volumi che ne esprimono alcune personali ipotesi e congetture.

Abbiamo detto che Giuseppe fu medico, ma esercitò da apostolo solo nelle epidemie di colera dell’84 e dell’87 e con l’unico scopo di curare l’umanità sofferente, dedicandosi a tutt’uomo nella cura degli indigenti, prodigando la sua preziosa e disinteressata assistenza in quei casi dove più vi era la necessità del medico e del benefattore. Gli umili lo ebbero sempre vicino e molte miserie furono alleviate con denaro e medicinali che egli stesso donava agli infermi bisognosi. Con vera coscienza si può affermare che egli tenne solo a far del bene per l’intima soddisfazione di compiere un suo dovere senza ambire a ricevere riconoscimenti ufficiali fino al punto da rifiutare una onorificenza che gli si voleva concedere.

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Maria Antonietta Tatulli, signora nel vero senso della parola, ebbe nei poveri e negli umili, i suoi costanti devoti. i quali furono beneficati con prodigalità e la sua casa ospitava di continuo, ed in alcuni casi, per lunghissimo tempo, persone bisognose, cui teneva a non far risaltare la sua opera di bene che prodigava con tutto amore.

Amministratrice assennata ed accorta del dovizioso patrimonio famigliare, migliorò le colture. La sua appassionata conoscenza di cose agrarie, la vasta istruzione in questo ramo, le procurarono belle soddisfazioni, tra le quali un attestato pubblico di una personalità del Governo. L’amore alla terra sviluppò in lei la passione alla caccia, sport, che ella frequentava con diletto.

Di intelligenza vivace, la sua cultura era completata dalla profonda conoscenza della musica, essendo una pianista di valore ed una eccellente compositrice.

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La famiglia, e per essa l’unica figliola, formò l’occupazione prima e maggiore di tutta la sua vita, riuscendo a fare della sua piccola figliola Elena, una vera gran dama, per tratti, per sentimenti e per cultura. Il matrimonio di questa figlia con il Conte Antonio Caracciolo di Stella, le procurò il piacere della nascita di due nipotini, Maria e Francesco che, per il breve resto della sua vita, formarono la più dolce consolazione, dandole così agio di continuare a dedicarsi ad essi con tenerezza e trasporto.

La morte immatura di Giuseppe La Terza (+ il 29 giugno 1928) e quella non meno dolorosa di Maria Antonietta Tatulli, sua sposa, (+ il 5 luglio 1931) afflissero grandemente l’animo della folta schiera dei beneficati e della sua figlia Contessa Caracciolo di Stella la quale nell’amministrazione dei suoi beni e nella educazione dei suoi cari figliuoli tiene sempre per norma esemplare di vita il fulgido esempio degli adorati genitori.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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