JAJA FLORENZIO

Nacque Florenzo Jaja il 20 giugno 1858 in Fasano, da Giambattista Jaja, di antica famiglia originaria di Conversano, che in Fasano, allora terra di forti lavoratori e pensatori, aveva fissato il suo domicilio per svilupparvi i suoi commerci. Bambino, visse nel clima eroico, della cospirazione antiborbonica di cui suo padre, assieme al proprio fratello Donato, fu un profondo animatore; in quello dell’azione garibaldina, per la quale i suoi parenti avevano compiuto ingenti sacrifici di denaro ed avevano spiegata opera elevata di agitatori e di stimolatori; ed infine in quello dell’amore per la Giovane Italia.

Lo zio suo Donato, che divenne poi professore ordinario di Filosofia Teoretica alla Università di Pisa, legato per studi e per amicizia più che fraterna a Bertrando Spaventa, ad Enrico Fiorentino e a Camillo De Meis, cui poi lo avvinsero vincoli di parentela, esercitò sul giovane cuore di lui una influenza profondissima, che divenne fondamentale esempio e norma di una vita interamente legata allo spirito, rigida, severa, retta, che conobbe due profonde passioni: la famiglia e lo studio.

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Orfano a 18 anni, seguì lo zio Donato che iniziava in Napoli la sua carriera filosofica, e si accinse allo studio delle scienze mediche, nel quale portò quel fervore, quell’entusiasmo profondo, quell’avidità di apprendere e di conoscere la natura profonda delle cose, che il contatto diuturno con lo zio, con lo Spaventa, il De Meis, il Fiorentino gli suscitavano. E fu tanto grande l’entusiasmo che egli portò nei suoi studi, da trascinare successivamente con se nella passione per le scienze mediche, suo fratello Donato ed i cugini Florenzo D’Erchia e Florenzo Jaja che percorsero brillantemente prima la carriera scientifica e poi abbracciarono con successo completo la pratica professionale ostetrica e chirurgica, ed infine l’unico figliuolo suo Giovanni.

Fu carissimo al De Amicis ed al Pellizzari, entrambi luminari della Dermatologia italiana, di cui successivamente fu assistente. In dimestichezza profondissima di studi e di affetti con i maggiori dermatologi italiani che gli furono tutti amicissimi, fu costretto da due necessità familiari ad abbandonare la carriera scientifica per la professione pratica. E, separatosi con profondo dolore dallo zio Donato, allora assunto alla cattedra universitaria di Pisa – diventa poi vivaio fiorente di illustri filosofi, fra i quali giova ricordare l’allievo prediletto, Giovanni Gentile -, il Jaja si dedicò all’esercizio della Dermosifilopatia in Bari, cui con profonda passione, con disinteresse e senso elevatissimo del dovere, si prodigò fino al giorno della sua improvvisa fine, nel 1924.

Fu per 33 anni Direttore del Dispensario Celtico di Bari, in quei tempi unica opera assistenziale della città nel campo dermosifilopatico e, lottando strenuamente e senza posa con la incomprensione delle autorità dell’epoca e con la penosa ristrettezza dei mezzi, spiegò opera tanto benefica che il suo nome ancora oggi è venerato fra le classi più misere.

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Modestissimo e rigorosamente schivo di ogni esteriorità, si tenne costantemente in disparte, vivendo la sua vita di studioso e rifiutando ogni assunzione a pubbliche cariche che gli vennero ripetutamente ed insistentemente offerte. Predilesse lo studio silenzioso e metodico che fu la passione sua costante fino agli ultimi giorni della vita. Vanno ricordate fra le sue numerose pubblicazioni alcune che portarono un contributo fondamentale alla conoscenza di alcune malattie cutanee (rinoscleroma, mollusco contagioso, le dermostreptococcosi, ecc., altre che illustrarono problemi di medicina generale; altre infine che riflettono problemi di fisiopatologia cellulare, densi di osservazioni geniali e di intuizioni di fenomeni che precorsero di molti anni conoscenze mediche recenti. All’influenza del pensiero filosofico cui mai si protrasse, si devono alcuni studi tra cui va ricordato un pregevole scritto sulla intelligenza degli animali inferiori; su problemi storici e su questioni matematiche.

Ma gli studi che gli dettero maggiore notorietà in Italia ed all’estero furono quelli sulla infezione lebbrosa in Puglia, iniziati nel 1886.

Profondo animatore, egli seppe trascinare alla passione degli studi dermatologici l’unico figliuolo Giovanni, che percorse dieci anni della sua vita scientifica nella Università di Bari – ove oggi esercita la Libera Docenza in Dermatologia – e che si dedicò anch’egli in modo particolare allo studio della lebbra.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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