INDRIO FABIO

Ecco un agricoltore che si è imposto all’attenzione dei suoi concittadini e di tutto l’ambiente agricolo della Provincia di Bari con la sua operosità, con la sua capacità tecnica, col suo spirito aperto a tutte le innovazioni riguardanti le culture cerealicole nelle quali è diventato veramente potente.

Il padre suo Domenico, proveniente da una famiglia di modesti agricoltori altamurani, si dedicò, non appena coniugatosi, alle affittanze, giovandosi dell’opera dei suoi figliolI ancora giovinetti, Fabio, Saverio, Giovanni, Pasquale e Vincenzo.

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Morto il padre nel 1902, Fabio lndrio, ch’era nato il 12 febbraio 1883, cominciò a conoscere ancor giovane le dure responsabilità della conduzione dei poderi. Adempiuti gli obblighi di leva, con le poche migliaia di lire ricevute dal padre, iniziò la sua attività di agricoltore prendendo in fitto una piccola zona di terreno alla quale diede tutti i tesori della sua laboriosità. Richiamato alle armi per la guerra mondiale, egli dovette sospendere la cura che lo teneva legato a questa terra, ma quando nel luglio .del 1916, esonerato dal richiamo alle armi, per ragioni agricole, riprese la conduzione della sua piccola azienda, conobbe la necessità di formare una famiglia e si sposò con la signorina Chiara Vitale di famiglia di agricoltori altamurani.

Le nuove responsabilità coniugali lo portarono ad allargare la sua azienda. Già fin dal tempo in cui era richiamato, egli aveva scritto ai signori Pomarici Santomasi coi quali aveva contratto l’affitto della masseria Santomauro, perchè gli avessero fornito i conti del suo dare. Ma questi nobilissimi esponenti della vita borghese pugliese, gli avevano risposto che non era il caso di chiedere i conti ma che questi si sarebbero fatti terminata la guerra.

Giovandosi di questa cordialità di rapporti, egli continuò la conduzione della masseria Santomauro e successivamente, morto don Ettore Pomarici, egli lasciò la masseria Santomauro ed assunse la conduzione della masseria Romano tenuta in affitto dal signor Michele Melodia e di proprietà di Don Filippo Pellicciari. Si era nel 1919 ed egli, bisognoso di dare maggiore respiro alla sua ansia di lavoro, prese in fitto la grande masseria Pantano dello stesso Pellicciari, nella quale egli vive da venti anni.

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A questa grande tenuta egli diede subito un aspetto nuovo: la preparazione dei terreni, le concimazioni razionali, le sementi selezionate diedero alla masseria una produttività sbalorditiva che confortò la bella fatica di Fabio Indrio e lo indusse subito a portare su altre trincee le sue formidabili capacità direttive.

Alla masseria Pantano egli aggiunse la conduzione in affitto della masseria Madonna del Piede del defunto cav. Beniamino Messere-Gramegna; e successivamente la masseria Piana Cardonella del cav. Francesco Spada, posta in tenimento di Genzano ed un’altra piccola tenuta dell’ avv. Montefredini in tenimento di Spinazzola.

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Oramai il dado era tratto; oramai la sete di allargare le maglie dei suoi impegni aziendali non aveva più limiti per l’ansia di vita del Nostro. Il miracolo di un’azienda agricola colossale impiantata su terreni esclusivamente presi in fitto, si veniva compiendo sotto gli occhi meravigliati di esperti e di dirigenti. Fabio Indrio soverchiava tutti gli altri affittuari per vastità di terreno curato, per complessità di attrezzatura meccanica, per disciplina e metodo nelle conduzioni.

A Genzano prese in affitto le masserie Gambardo e Cerasolo di proprietà del Conte Vincenzo Viti e quindi, per i bisogni dei suoi allevamenti bovini, ovini ed equini che prosperavano in maniera impressionante, prese in fitto il bosco Pantaleo di proprietà dello stesso Conte Viti che egli conduce già da sei anni.

L’ultima zona occupata dalla brama di terra del Nostro è stata la masseria Curtillo del signor Vito di proprietà di Don Pasquale Pellicciari di Gravina.

Abbiamo detto che il bestiame allevato da Indrio prendeva uno sviluppo impressionante. Dobbiamo aggiungere che egli ha trovato utile ed opportuno non soltanto al suo interesse personale ma anche all’interesse dell’economia agraria di tutta la zona adiacente ad Altamura di perfezionare l’allevamento della razza pecorina altamurana, che già da secoli è nota per la sua bontà agli effetti della produzione del latte, della lana e della carne.

I campioni della razza allevata da Fahio Indrio hanno conseguito un successo che è andato oltre i confini della Puglia. Non soltanto i premi delle varie mostre zootecniche hanno confortato questo sforzo, ma benanche le richieste numerose di arieti per produzione.

Queste grandi mandrie di pecore si giovano dei pascoli delle nostre terre murgiose, e controllati dall’Ispettorato Agrario Regionale, sono avviate al perfezionamento di altre razze e di altre produzioni.

I riconoscimenti di questa singolare attività son piovuti all’azienda del Nostro il quale per moltissimi anni ha conseguito i primi premi assoluti nella battaglia del grano e soltanto rarissime volte è stato secondo ad altri.

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Nel fervore di questa sua battaglia per il raggiungimento dei primati in tutti i settori delle attività agricole a cultura estensiva, il sorriso dei figli portavano consolazioni e tregue. Un figlio suo, Domenico, superati trionfalmente gli studi secondari nel vecchio ed accreditato Ateneo di Conversano, si avvia verso gli studi di Agraria ed una figliuola ha sposato il Dott. Tommaso De Crescenzo di famiglia d’industriali di Terlizzi.

Il ceppo degli Indrio allarga i suoi rampolli e perpetua le sue tradizioni di operosità e di capacità.

Fabio Indrio tiene il comando dell’azienda della famiglia ispirandosi al suo grande amore per la terra e per la santità dei costumi. Guidatore d’industrie, egli sa essere anche buon padre di famiglia perchè accanto alla tenacia ed alla potenza del lavoro, vive in lui la gentilezza del sentimento.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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