GIOIA FAMIGLIA

L’ avv. Vito Gioia deve essere doverosamente ricordato in questa rubrica sia perché rappresenta degnamente quel gruppo di famiglie pugliesi che si sono rese benemerite della cultura nazionale, della Patria e della redenzione terriera provinciale impiegando tesori di sacrifizi, di ansie, di dure vigilie e di fecondi propositi, sia perché egli stesso perpetua la familiare tradizione, attendendo personalmente all’andamento della sua vasta azienda agraria per far sì che essa risponda pienamente alle esigenze di ordine politico e di ordine economico che il Regime ha fissato come miraggio alla nuova agricoltura nazionale.

***

I Gioia sono oriundi di Amalfi e si trasferirono verso la fine del 600 a Corato, riprendendo, nella nostra Terra, le attività agrarie e commerciali che avevano dato notorietà ai loro avi, famosi per i loro rapporti mercantili con l’Oriente.

Si vuole che furono tre i fratelli Gioia che diedero nascimento agli sviluppi pugliesi della famiglia.

Continuata per un altro secolo questa fervida attività agricola e commerciale e spentesi, verso la fine del 700, le altre ramificazioni della famiglia Gioia, rimase l’attuale ramo che discende da don Vincenzo Gioia che fu padre di Cataldo, affermatosi luminosamente come uomo di alto intelletto e di superiore cultura, attraverso la sua attività di Procuratore Generale della Corte di Appello di Trani.

Da don Vincenzo nacque, fra gli altri, Caterina Gioia in Cappelluti che fu madre di donna Mimì Gioia, moglie del celebre giurista Giuseppe Pisanelli.

Don Cataldo fu nonno di Luigi Gioia, medico di fama europea e padre di don Salvatore Gioia, prete liberale esiliato per i moti politici del 1799, come è ricordato dagli storici del tempo, ed amnistiato in seguito al famoso trattato di Firenze tra i Borboni ed il Re di Francia.

***

Si viene così ai germani Antonio e Nicola del fu Giuseppe che furono nel corpo delle Guardie di onore a cavallo di Ferdinando II di Napoli.

Antonio fu consigliere provinciale dal 1860 al 1866 e Nicola fu commendatore della Corona d’Italia, cavaliere del Sovrano Ordine di Malta, Sindaco di Corato dal 1850 al 1859, e lasciò ricordevoli tracce della sua oculata e saggia amministrazione.

Frattanto la famiglia, attraverso la quotidiana ed intelligente cura delle proprietà terriere, attraverso una esemplare moderatezza di costumi, iniziò il locupletamento delle sue fortune. Fu possibile ad essa di costruire sulle rovine dell’antico castello del duca di Andria un palazzo gentilizio che, per la sua composta architettura, per lo sviluppo della sua topografia, per la nobiltà del suo scalone di accesso, depone dell’alta spiritualità di coloro che lo vollero così edificato.

Attualmente questo palazzo è stato investito dalla attribuzione governativa di monumentalità ed è quindi intoccabile ed immodificabile.

Ed invero esso rappresenta degnamente l’ architettura patriziale della nostra terra.

***

A Corato esistono, presentemente, tre ramificazioni della famiglia Gioia i cui capi sono il cav. uff. Costantino Gioia, generale dell’Esercito a riposo; il cav. uff. Salvatore Gioia che fu assessore comunale per parecchi anni, presidente della Congregazione di Carità e presidente, da un ventennio circa, della Commissione mandamentale di ricchezza mobile; ed il cav. Vito che è stato assessore comunale, consigliere provinciale pel mandamento di Corato e quindi deputato provinciale e podestà di Corato dal 1929 al 1931.

Due rami dei Gioia si sono trasferiti a Firenze, il signor Antonio Gioia fu Nicola e l’ing. Giuseppe Gioia di Salvatore. I Gioia si sono imparentati con le più nobili famiglie pugliesi. Giuseppe Gioia, verso la fine del 700, sposò la nobildonna Veneranda Battah, figlia di un generale polacco; Felice, verso i primi dell’800, si unì in matrimonio con Nicoletta Regna di patrizia famiglia bitontina; Antonio impalmò Giovanna De Gemmis di antica e nobile famiglia barese; Nicola, nell’800, sposò la contessa Giuseppina Gentile, patrizia di Napoli e di Bitonto ed in seconde nozze Vittoria Pappalepore Nicolai dei marchesi di Canneto; Salvatore sposò la contessa Elisa Sabini patrizia di Altamura; Vito sposò Rosa Capano, di famiglia patrizia napoletana.

Nicola, che ebbe, come abbiamo detto, due mogli, è il padre dell’avv. Vito, del defunto cav. Antonio e di due altre sorelle. Fu egli che creò l’attuale patrimonio familiare, cominciò a dare sviluppi considerevoli agli allevamenti del bestiame e sviluppò la coltivazione della vite.

Egli fu di carattere equilibrato; ebbe intelligenza pronta, amore all’agricoltura, sicura competenza amministrativa.

***

II patrimonio ereditato dal padre era ben poca cosa date le divisioni che la sostanza familiare aveva subito per effetto della numerosa figliolanza. Nicola Gioia seppe tanto accrescere il rendimento delle proprietà, da permetterei di procedere gradualmente all’acquisto di altri beni che egli si diede a trasformare con passione di pioniere.

In virtù di questi miglioramenti la fortuna familiare aumentò considerevolmente.

Nicola Gioia fu per nove anni sindaco di Corato e vice intendente di Barletta durante il dominio borbonico, ma poi, unificata l’Italia, fece atto di leale adesione al nuovo Governo.

Quando morì, a 81 anni, il nostro, Vito Gioia aveva soltanto 18 anni ma era già avviato agli studi di giurisprudenza che ultimò con successo dandosi poscia all’amministrazione dei beni ereditati dal padre, la cui tradizione d’ordine morale, familiare e amministrativo egli ha rinverdito di nuove gemme.

Il miglioramento terriero è la sua fissazione. Non vi è giornata che egli non dedichi alla cura delle sue fattorie, abilmente soggette ad un sistema di cultura misto.

Alla masseria « Franchini » egli cura la cerealicoltura e gli allevamenti di bestiame; alla tenuta « Torre Vento » cura invece un vigneto esteso e prolifico; al latifondo «Torre Terlizzi» continua le trasformazioni iniziate dal padre.

Sono ammirevoli le opere sussidiarie della sua azienda agricola; egli infatti ha creato accanto alla sua villa posta sulla via che da Corato mena ad Andria e che s’ingemma di un mirabile viale verde di palme e di pini, uno stabilimento vinicolo che è tra i primi della città di Corato, per modernità d’impianti e per capacità produttiva.

***

Vito Gioia è un ardente apostolo della viticultura tant’è che nel 1915, quando la fillossera infestò le nostre campagne e distrusse le opime vigne del territorio di Corato, ne affrontò coraggiosamente il rifacimento con i ceppi americani non badando né al rischio di quella che a tutti parve un’avventura pericolosa, né all’enorme aumento della mano d’opera e dei costi della materia prima.

Egli, si può dire, che abbia fatto scuola ed abbia incoraggiato i pavidi a marciare e ad osare. Dopo i suoi successi in materia di tecnica viticola, ebbero maggiore sviluppo in Corato le piantagioni di vigneti con ceppi americani; ed ai primi innestatori venuti di Sicilia si sostituirono quelli di Barletta e di Gioia e della stessa Corato che avevano acquisito ormai tutti i segreti di questa tecnica difficile e nuova.

Vito Gioia è quindi uno dei più lodevoli bonificatori agricoli della nostra Terra. Dapprima col fratello Antonio e poi da solo egli ha anticipato gli orizzonti attuali dell’agricoltura italiana che feconda ogni giorno nuovi appoderamenti e nuove opere di redenzione.

Gli è per questo che il Regime lo volle come primo podestà di Corato, carica che gli permise di confermare la sua sapienza di amministratore ed il suo amore per la Terra che gli ha dato i natali.

***

Attualmente Vito Gioia divide la sua operosa giornata fra le cure della famiglia e quelle della sua azienda che è fra le più importanti e le più evolute della nostra regione.

Signore nello spirito e nel tatto, egli mantiene alte le tradizioni del casato ed è circondato pertanto da unanimi estimazioni.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

Edizioni Giuseppe Laterza srl
Bari, piazza Umberto I n.29 – Tel. 345 623 6207 – Email info@edizionigiuseppelaterza.it

Consulta la pagina dedicata sull’edizione storica: