FENICIA FAMIGLIA

Della nobile famiglia Fenicia, casato patrizio di Ravello, troviamo le seguenti notizie in una pubblicazione di Matteo Camera.

Le antiche memorie Ravellesi attestano che tra i più illustri giureconsulti che ebbero a trarre i natali in quella amena città vi fu tra gli altri il Regio Consigliere Carlo Fenice, e che nel 1453 un uomo d’arme, Agostino Fenice ebbe a servire in guerra Alfonso I d’Aragona, che con speciali diplomi lo nominò Signore di Mentana e Mazzicella in provincia di principato Citeriore. Questo Agostino Fenice è ricordato da una lapide nella Chiesa dei Frati Minori di Santa Maria la Nuova in Napoli.

Discendente di questo illustre Cavaliere è un Pietro Giacomo, Capitano presso l’Imperatore Carlo V. Costui ebbe a sposare la nobile donna Lucrezia d’Afflitto. Altri componenti della famiglia furono i Prelati Don Giovanni e Don Fabiano, Don Simone, Don Leonardo, Don Matteo, Don Marco, che furono Canonici ed Arcidiaconi della Cattedrale di Ravello. Si ha anche memoria di un Sebastiano Fenice, benefattore, che lasciò il suo ricco patrimonio alla Real Casa per la Redenzione dei cattivi di Napoli.

In quest’epoca componenti di questa famiglia contraggono parentele con altri cospicui casati, quali i Frezza, d’Afllitto, Cortese, Gattola, Pitti, Russo, Del Giudice, Staibano, De Signorellis, De Massimo, Campanile, De Lieto.

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Ricca di beni di fortuna e feconda di prole questa stirpe, da Ravello, s’irradiò in Napoli, Gragnano, Cerreto, Ruvo di Puglia.

Per quest’ultimo ramo possiamo dire che i Fenicia furono importati nella nostra terra in persona di un Dott. Giulio Cesare, figliuolo di Don Luigi Antonio Fenice, che lasciò Napoli verso la fine del 1500.

Mentre questo ramo pugliese doveva prosperare, altrove, sia in Napoli che nel Salernitano, in Cerreto, nella stessa Ravello gli altri rami rimasero estinti.

Molti sono i documenti che testimoniano i privilegi concessi ai componenti di questa famiglia nei primi del 1600 e in un atto della Diocesi del 2 luglio del 1612 si legge che Nicola Matteo Fenice dispone nel suo testamento che il suo corpo debba essere tumulato nella Cappella della sua casa, costruita nella maggiore Chiesa di Ruvo.

Simili disposizioni testamentarie lasciano Gregorio Fenice, Giovanni Andrea, Giovanni Angelo; disposizioni che dimostrano l’alto grado di signorilità, cui questa famiglia era pervenuta.

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Abbiamo detto che ad importare il casato in Puglia fu il Dott. Giulio Cesare Fenice, che fu incaricato dal Governo Vice Reale di Napoli in persona del Conte De Olivares a regolare alcune questioni di tributi in Castellaneta (1500). Nel 1600 dal Vice Re Conte di Lamos fu deputato a togliere taluni abusi in Terlizzi. Dopo quell’epoca ebbe ancora altri incarichi più onorifici e più lusinghieri. Infatti lo troviamo Governatore in molte città della Lucania e della Puglia. Nel 1627 ritornerà in Puglia e questa volta col grado di Governatore.

Nel 1627 egli contrae matrimonio con Giulia Ciana; da cui nacque un unico figliuolo Carlo. Dalle nozze di quest’ultimo con Anna Bonadies, nozze avvenute nel 1652, nacquero cinque figliuoli di cui maschi Giulio Cesare, che incamminatosi alla carriera ecclesiastica, divenne Abate, e Don Antonio Alessandro, nato nel 1660 e che sposò nel 1707 donna Isabella Selitti. Ben cinque figli maschi furono il frutto di questa benedetta unione e mentre Francesco Saverio, Domenico, Don Giulio Cesare abbracciavano la vita ecclesiastica, il primo dei figliuoli, Carlo, sposava la Marchesa Silvia Tupputi, e Don Salvatore, nato il 21 gennaio 1726, sposava donna Teodora Codignac. Da questo matrimonio nascevano tre figliuoli di cui unico maschio fu Don Michele, che nel 1791 sposava donna Anna Maria Siciliani di Rende, che aveva sette figliuoli di cui quattro maschi.

Carlo morì fanciullo. Giovanni sposò Teresa d’Agostino di Giovinazzo. Antonio sposò Rosa Pancrazio di Mola, senza avere da lei alcun figliuolo; e Don Salvatore che dalle nozze con Saveria Azzariti di Corato ebbe sette figliuoli: Anna, Teodora, Teresa, Gaetana, maritata al nobile Giuseppe Quarto di Palo, Regina che sposò Don Olindo Incarnati, Anna che sposò il Cav. Giuseppe Gadaleta.

Quarto figliuolo fu Don Michele, nato il 1832. Egli nel 1859 sposò donna Anna Cappelluti di Molfetta. Fu costui per molti anni Sindaco di Ruvo e cittadino esemplare, amato e rispettato in tutta la Puglia.

Michele Fenice procreò quattro figli: Saveria andata a nozze con Gennaro Pandolfelli, Salvatore che sposò Lucia Silos Labini ed Antonio che sposò la nobile Giulia Nitti Valetini.

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Queste nozze che imparentavano due illustri famiglie, occupandoci noi dei Nitti Valentini in altro capitolo, furono larghe di figliuolanza. Vennero alla luce Michele nel 1903, Mattia nel 1904, Anita il 1905, Salvatore il 1906, Mario il 1908 e deceduto a cinque anni, Nicola il 1909, Lina il 1915 e Mario il 1921.

Diremo brevemente che Salvatore Fenicia di Michele ebbe particolarmente a distinguersi sia per la sua vita di studioso e sia per le cariche che gli vennero affidate dal Re Ferdinando II. che lo utilizzò in delicatissimi incarichi provinciali. Fu anche insignito di alte onorificenze dell’ordine Costantiniano e nel 1858 ebbe il diploma quale cavaliere di devozione della croce di Malta. Il Fenicia negli anni successivi sarà cavaliere dei santi Maurizio e Lazzaro, mentre che Sovrani stranieri ebbero a insignirlo di alte ed ambite onorificenze.

Antonio Fenicia ereditò da lui quelle qualità che lo resero stimato e che lo fecero chiamare a reggere cariche svariatissime della pubblica amministrazione.

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Lo troviamo giovanissimo Consigliere, Assessore, Prosindaco in Ruvo. Amministratore oculato e rigido contribuì alla messa in valore della città natale, sia sforzandosi di mettere in assetto un bilancio deficitario e sia caldeggiando costruzioni di edifici pubblici, di acquedotti, di pavimentazioni stradali e la costruzione del nuovo cimitero.

Dopo moltissimi anni di disinteressato lavoro, nel 1915 abbandonò la vita politico amministrativa. C’è da dire che dal 1909 egli fu fino al 1924 confermato nella carica di Consigliere Provinciale. Questo periodo della sua vita lo contraddistingue per la molteplicità degli incarichi da lui espletati: relatore della Commissione del Bilancio preventivo, della Commissione di Statistica, di quella di Beneficenza e di moltissime altre.

Fu nominato Comm. della Corona d’Italia e nel 1925, in occasione della concessione di tale onorificenza, gli fu consegnata una pergamena, che nel suo testo qui riportiamo: « Al Dott. Antonio Fenicia, bell’anima e cuor vibrante, consolatore di un dolore senza tregua, per la fatica generosa a favore degli orfani di guerra, i primi magistrati dei Comuni di Terra di Bari».

Antonio Fenicia decedeva nel 1934 lasciando ai figliuoli il compito di continuare la tradizione di sapere, di signorilità e di bontà di una famiglia, che onora da secoli la nostra amata Puglia.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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