BAVARO NICOLA

Nicola Bavaro nacque in Sannicandro di Bari il 24 aprile 1857 da modesta famiglia di agricoltori.

Laureatosi, ancora giovanissimo, nelle discipline giuridiche in quell’Aeropago di Dotti che fu, nella seconda metà dell’Ottocento, l’Ateneo napoletano, l’avv. Nicola Bavaro raggiunse, in breve tempo, nella vita professionale, in Puglia, tutta la pubblica estimazione che solo è possibile ad un forte ed assai vivace ingegno, nutrito di salda cultura, ad un carattere dinamico e battagliero, ad un temperamento di tenace costruttore.

Con la vita forense il forte suo animo si accese d’ardore per la cosa pubblica che Egli, fin d’allora, intese ed accettò come un nobile mandato, per l’elezione morale del popolo. Fu così che all’avv. Bavaro fu affidato dai suoi concittadini, in Sannicandro di Bari, il compito di organizzare le Scuole Primarie di quel Comune. Egli, ancor più sospinto dall’amore pel natio loco, assolse mirabilmente tale compito muovendo così il primo, audace e vittorioso passo nel cammino lunghissimo che poi doveva compiere tra l’affetto degli uomini della sua terra che lo elessero, subito dopo, a primo cittadino e dai quali mai ebbe a separarsi per volgere di eventi.

Stabilito, così, un primo necessario contatto con la folla, le nobili ed austere Aule di Giustizia dei più importanti tribunali e Corti della Puglia accolsero il giovane avvocato Bavaro e ne sentirono la voce che, già limpida, affascinante e robusta ad un tempo, dava tono alle sue e arringhe fascinose e gagliarde.

Fu allora che Bari nostra, quasi agli inizi della moderna fase di sviluppo, ora splendidamente raggiunta, lo accolse, non ancora trentenne, nel suo seno materno e lo ebbe figlio elettissimo, per l’amore che egli prodigò alla cosa pubblica.

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Anche qui, in Bari, giovandosi dell’ottimo e esperimento già fatto e della pratica acquisita, egli accettò il delicato incarico di sviluppare, con provvedimenti opportuni e con un completo piano di ricostruzione e di rinascita didattica, l’istruzione primaria. Devesi a lui il triplicato numero delle scuole elementari e la istituzione degli asili d’infanzia, cui seguì la fondazione di scuole serali e di scuole di disegno per operai. Gli edifizi scolastici furono aumentati di numero e fu istituita la famosa Società Ginnastica « Pro Patria », di cui tenne la presidenza con sacrifizi personali, per circa un trentennio, e che mirò a diffondere la più sana educazione fisica e morale fra i giovani.

Quindici, venti anni egli visse questa passione dell’educare che fu fede ardentemente professata e da cui trasse il sicuro vaticinio di quello che doveva essere e fu di poi, per volere del Duce, la Bari Universitaria con i suoi Istituti di alta coltura in completo sviluppo ed ora, finalmente, protesi come fari di civiltà verso l’Oriente.

L’amore, mai estintosi in lui, per le opere di cultura e per i forti studi, gli permise di pronunziare, in una memorabile assemblea del Comune, un importantissimo discorso sulla questione dell’Università in Bari, da lui definita anche «una questione di giustizia distributiva» che stabilì la messa a punto di un sì importante problema. Quel discorso suscitò l’eco più favorevole, tant’è che le autorità del tempo ne decisero la pubblicazione.

Tenace e severo amministratore pubblico fu, per volere di Matteo Renato Imbriani e confermatovi poi dal Crispi, reggitore straordinario dei Comuni di Corato e di Molfetta e rinunziò, ad opera compiuta, ad ogni sua indennità ocompenso, devolvendoli a vantaggio delle istituzioni filantropiche di quei Comuni.

Con manifestazione plebiscitaria, Bari lo volle suo Sindaco, alla vigilia del conflitto mondiale ed Egli attese, con mente alacre e con cuore d’italiano, in un primo tempo, alla preparazione ed organizzazione dei pubblici servizi e delle Opere assistenziali, così come aveva onorevolmente esplicato il suo compito di civico amministratore nei consessi della Provincia, per più di trent’anni, quale Consigliere provinciale; e poi, Deputato provinciale ed amministratore dei più importanti Istituti come l’Orfanotrofio di Bitonto, l’Ospizio di Giovinazzo e l’Ospedale di Bari.

A conseguire il doppio successo professionale e politico, l’avv. Bavaro si giovava del suo aspetto fieramente tribunizio, al quale aggiungeva la naturale facondia.

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Nelle aule della Giustizia, come nelle pubbliche assemblee, queste qualità peculiari non potevano non giovargli; ed egli ne uscì, più volte, trionfante anche in competizioni con i più agguerriti campioni forensi, suoi contemporanei, e vide, in tal modo, sempre più accrescersi quel suo successo professionale che non si offuscò mai.

I processi da lui trattati e vinti?

Le più nobili cause penali e civili alle quali egli dette il suo alto patrocinio?

L’enumerarle soltanto ci porterebbe assai lontano dal nostro compito per la diversità stessa del cospicuo lavoro professionale di lui, che gli diede modo di prospettare le più ardite ed eleganti questioni di diritto, da quelle penali a quelle civili ed amministrative, fino alle lunghe, sottili e precise procedure fallimentari; questioni tutte che egli affrontò e superò apportandovi il contributo del suo ingegno robusto e della sua mente fervida, unita ad una coscienza fieramente consapevole dei diritti e dei doveri della toga, e perfettamente compresa dell’alto prestigio, indispensabile ad una funzione tanto nobile e umana. Moltissime sono le allegazioni a stampa che documentano e tramandano la perspicacia e la compiutezza di così vasto lavoro; e non mancano tre volumi in cui sono raccolti i discorsi e le conferenze commemorative e di carattere politico-letterario. Fra questi discorsi primeggia quello pronunziato sul sagrato della Cattedrale di Bari in occasione dell’attentato al Duce del dicembre1925.

L’avv. Bavaro volle pure provarsi nel giornalismo, in cui, condottovi dal suo temperamento assai combattivo, per le pagine del quotidiano «L’Oggi», da lui diretto, dettò memorabili articoli interessanti i maggiori problemi economici e spirituali della nostra Terra.

L ‘avv. Bavaro fu patriota convinto ed il patriottismo esplicò nei modi più certi e più sinceri, vivendo cioé la passione dei suoi quattro figli soldati, due dei quali ufficiali combattenti, con la Fanteria, nelle trincee, ove il maggiore di essi, avvocato Francesco, tenente di complemento, cadde gloriosamente nei pressi di Bosco Lancia sul S. Michele. Il tenente Francesco Bavaro era nato a Bari il 13 febbraio 1886. A lui, giovanissimo, sorridevano le speranze tutte del più roseo avvenire, nell’agone forense, perchè non privo di quelle doti di mente e di carattere e di quelle virtù per le quali la gioventù è fatta eletta e presto circondata dalla pubblica estimazione. Nella sua città natale aveva frequentato gli studi classici e poi era passato nel glorioso Ateneo Romano per gli studi di giurisprudenza. Aveva, intanto, seguito i corsi di allievo ufficiale ed era stato rinviato, poi, in congedo, col grado di sottotenente di complemento.

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Richiamato alle armi, nei primi del 1915, preparandosi la mobilitazione dell’esercito, partì il 7 giugno seguente col 139. Reggimento M. M., destinato in zona di guerra. Il suo reggimento (Brigata Bari), formato di truppe sussidiarie, subentrò alla Brigata Regina e subì presto, dal 21 luglio di quell’anno e fino alla fine del mese, la prima prova del fuoco. In quelle giornate di combattimenti, e poi nell’agosto seguente, il 139. fu impegnato nei più importanti settori della zona Carsica: nei pressi di Bosco Lancia, alla falda del S. Michele, e, così a fondo, come a saggiare il nemico. Giornate di tremende prove e di eroismi sconosciuti quei primi violenti scontri con l’esercito austriaco, in cui rifulse, pienamente, fin da principio, l’impeto e il coraggio dei nostri fratelli, ancora nuovi e impreparati ai cimenti di una grande guerra moderna, contro un nemico assai pronto alla difesa ed all’offesa.

Malgrado fosse semplice tenente di complemento, al Bavaro fu affidato il comando di una compagnia, anche perchè dopo le azioni del luglio, il valoroso combattente era stato proposto al grado di tenente, subito dopo conseguito (v. Bollett. 16 ott. 1915, pagg. 23-26).

Ma, purtroppo, gli avvenimenti susseguiti a quei primi scontri e gli ingenti sacrifici di uomini, cui l’impeto e l’eroismo dei nostri dettero luogo, richiamarono assai presto nella zona avanzata quei reparti, già provati e subito ricostituiti, il 23 dell’agosto 1915 e, all’alba del 31 dello stesso mese, il tenente Bavaro Francesco, colpito da una bomba, trovò morte gloriosa, mentre disponeva e preparava la sua compagnia a nuovi e più strenui attacchi.

Se l’intenso e lungo lavoro di quarant’anni ed ancor più, le infinite e tremende emozioni del periodo bellico non distrussero la gagliarda fibra del padre orgoglioso e fiero, indussero però l’avv. Bavaro, ormai sessantenne, ad un maggiore raccoglimento delle Sue migliori energie che Egli spese e dedicò tutte, per volere del Governo Nazionale, e con l’Alto assenso della Maestà del Re Vittorioso, che lo onorò anche di particolari udienze, ad una istituzione assai cara al cuore di ogni pugliese, e cioè all’ Amministrazione Civile delle Reali Basiliche Palatine Pugliesi, e di cui è ornamento Principale il vetusto tempio di San Nicola.

Per quattordici anni, gli ultimi della sua vita, l’avv. Bavaro nella sua qualità di Regio Delegato, vi si prodigò senza soste. Le sue due non brevi relazioni a stampa, di carattere amministrativo, e l’infinito amore che Egli pose nel compilare alcune monografie sulle quattro Chiese Palatine di Puglia dalle vetuste origini, attestano questa sua appassionata fatica.

I risultati tangibili di questa sua opera amministrativa?

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Eccoli ed assai confortanti e lusinghieri, tali, che farebbero l’orgoglio del più sapiente amministratore: un patrimonio, che non raggiungeva i tre milioni di lire, con accorte e tempestive vendite, fu elevato ad un capitale di circa venti milioni di lire. Ai baresi, recherà lieta sorpresa e meraviglia il conoscere che, per il costruendo grande Policlinico, ben due milioni rappresentano il contributo della Amministrazione Palatina; concorso finanziario che, inutile dire, senza l’accorgimento amministrativo del Comm. Bavaro, non sarebbe stato facile attingere da altro Ente locale.

Anche la cifra di due milioni e centomila lire destinate ai restauri e alle opere di rafforzamento del Tempio di S. Nicola, già eseguiti, rappresentano una ingente spesa, effettuata senza concorso alcuno di Enti regionali o di contributo statale.

Egli, che sentì anche questo Suo dovere, lo assolse con tenacia e fattività pugliese, rimanendo in carica fino all’ultimo giorno della Sua laboriosa esistenza, il 17 gennaio del 1933.

I Suoi studi preferiti Lo portarono, per « seguire virtude e conoscenza » a raccogliere una cospicua biblioteca assai interessante, per la preziosità delle opere giuridiche, forensi, letterarie e storiche, che Egli studiò con « intelletto d’amore » e ordinò con ogni cura.

Alle Sue lacrimate Spoglie fu serbato, rarissimo onore, col plebiscito d’affetto della sua Città natale e del popolo di Bari, assai imponente per il numero, l’espressione del cordoglio del Re e del Duce.

Ad un cuore generoso, mai stanco di bene e pronto a soccorrere le altrui sventure, corrispose una mente eletta, sempre insoddisfatta di sapere e di conoscere; lottò per la giustizia e fu incline al bello con ardore eternamente giovane!

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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